Dopo due giorni di coma, Yuri Urizio è morto a 23 anni al Policlinico di Milano. «Gli ho dato un bacio sulla fronte e gli ho sussurrato ‘hai una vita davanti’. Ma Yuri non si è svegliato: se n’è andato per sempre»: a parlare è Alessio, amico del giovane aggredito all'alba di mercoledì in zona Darsena. Per il violento pestaggio, che è finito in tragedia, si trova ora in carcere Cubaa Bilel, un 28enne tunisino, irregolare in Italia, che fin dall'inizio ha dichiarato di avere bloccato la vittima perché l'aveva notata importunare una ragazza. La giovane - che appariva nei filmati di videosorveglianza e sarebbe una mendicante che frequenta spesso la zona - è stata individuata dalla Polizia solo oggi. Sulla sua posizione sono in corso accertamenti.
Yuri bellissimo e fragile
«È stato ucciso come un animale, con una violenza che non è umana. Ora lotterò per lui: voglio verità e giustizia. Per me era come un fratello: bellissimo, dolce e fragile, ma anche tanto forte», dice l'amico a Il Giorno, che è rimasto fino all'ultimo al capezzale di Yuri e nel momento più difficile ha abbracciato la madre: «È distrutta dal dolore». Alessio rifiuta senza mezzi termini la versione fornita dall'aggressore, che sostiene di aver colpito il 23enne perché stava importunando una ragazza: «Non avrebbe mai fatto una cosa del genere: è una bugia che rende ancora più insopportabile il dolore. Era un ragazzo generoso, sempre pronto ad aiutare gli altri con quel poco che aveva: non navigava nell’oro, ma sognava di realizzarsi con il lavoro. Per i ragazzi più piccoli era un esempio».