I TRAFFICI
L’illegalità è il mondo intorno a cui si muovono queste anime.
C’è chi sfrutta i minori mandandoli a chiedere soldi piuttosto che mandarli a scuola (quando ancora si poteva, ovviamente). La didattica a distanza qui non è mai arrivata. Sono arrivati, però, tablet, pc portatili e smartphone rubati ai pendolari della Pontina come ai giovani studenti nel centro di Pomezia città. All’interno di questo insediamento gli affari si fanno con le macchine. Spesso di grossa cilindrata che vengono rubate ovunque e che in questa terra di nessuno vengono smontate, private di ogni pezzo e poi incendiate e lasciate ormai carcasse arrugginite tra una baracca e l’altra. Anche quelle utilizzate per le rapine vengono date alle fiamme, in modo da essere così irriconoscibili. I blitz delle forze dell’ordine, così come gli interventi dei vigili del fuoco per sedare ogni singolo rogo, sono continui. Una pattuglia dei carabinieri presidia costantemente l’accampamento. I raid di chi abita nel campo riesce a sfuggire a ogni controllo. Sassaiole e rapine sono all’ordine del giorno per chi percorre quel tratto della statale 148. Il «girone dell’Inferno» è soprannominato dagli automobilisti il percorso a ridosso dell’accampamento. “Villaggio della solidarietà”, il nome esatto dell’insediamento ma come della pulizia, così della solidarietà non c’è traccia. In quest’area che sulla carta dovrebbe essere protetta e su cui insisterebbero anche insediamenti umani preistorici, si registrano tensioni e risse tra i differenti gruppi etnici che hanno vissuto e continuano a vivere fianco a fianco in un contesto sociale estremamente difficoltoso e delicato: bosniaci, serbi, croati, montenegrini e kosovari. Da sempre l’uno contro l’altro, tanto da dividersi in settori anche all’interno del campo: «Litigano tra loro - dicono le forze dell’ordine - c’è chi alza il gomito e chi risponde tirando fuori il coltello». E la guerra per la sopravvivenza, nonostante tutto, non è ancora iniziata.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 2 Luglio 2020, 07:53
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