Roma, piano sulle case di cura: «Test e tamponi a tutti per evitare altri focolai»
di Alessia Marani
Intanto, sono state ultimate le operazioni di trasferimento da parte dell'Ares 118 di 28 pazienti dalla Clinica Latina allo Spallanzani. Qui è stato allestito il primo smart hospital per gli anziani. Man mano che i medici delle Uscar andranno avanti con il monitoraggio, porteranno qui i degenti anziani secondo un principio di umanizzazione delle cure «che fa la differenza, al di là della qualità clinica e scientifica», come spiega il direttore sanitario dello Spallanzani, Francesco Vaia. La tecnologia, attraverso la dotazione di ipad, aiuterà gli anziani a mettersi in contatto con i figli e i parenti.
Non credeva ai suoi occhi e alle sue orecchie Mauro Palombi quando sabato sera ha visto il suo telefono squillare e sentito la voce della sua mamma, Giovanna, 88 anni. «Mi diceva che era arrivata allo Spallanzani e mi ha chiesto se potevo portarle una bomba alla crema, non so come le è venuto in mente», dice Mauro, operaio rimasto disoccupato poco prima dell'emergenza coronavirus. Sono stati Mauro e la moglie Patrizia a chiamare il 112 e la Asl Roma 2 facendo scattare i controlli nella Clinica Latina dove si è sviluppato il focolaio di coronavirus. «Mia madre - racconta - era stata dimessa dal San Filippo Neri in condizioni stabili e portata in clinica per la riabilitazione il 6 aprile. Il 20 aprile mi chiamano per dirmi che le sue condizioni erano critiche e di organizzarmi per il funerale. Ma come poteva essere peggiorata così in breve tempo? Premetto che in tre settimane, sono riuscito a parlarle al telefono solo una volta e poi una seconda giovedì 30 aprile, con una videochiamata arrivata solo dopo che avevamo chiamato la Asl. Accanto a lei che mi diceva vienimi a prendere c'era un'infermiera che non aveva neppure la mascherina». Mauro dopo il 20 aprile contatta il medico di famiglia e il San Filippo Neri, nessuno sa spiegarsi il repentino peggioramento di Giovanna, nessuno però riesce ad accedere alla struttura. Giovedì scorso, giorno del cambio biancheria, l'unico in cui i parenti possono andare e lasciare indumenti, si presenta in clinica «ma discuto con una dottoressa che mi liquida con arroganza, mi minaccia: Se chiama la polizia, si ricordi che sua madre è qui. Mi sento male, chiamo mia moglie che, allora, comincia a telefonare al 112». Il 30 stesso arrivano i medici della Asl in via Vulci, fanno i test e poi i tamponi. Anche Giovanna è tra i positivi.
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Ultimo aggiornamento: Lunedì 4 Maggio 2020, 10:24
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