I dpcm continuano a creare malcontento. Nonostante il disegno della nuova road map data nell'ultima conferenza del premier Mario Draghi sulle riaperture scaglionate dal 26 aprile di ristoranti, bar, palestre, cinema e teatri alcuni si sentono ancora «ingiustamente discriminati». Protagonisti della lamentala di oggi sono i parchi divertimento. Secondo il nuovo decreto, difatti, i parchi a tema dovrebbero riaprire dal 1° luglio alla stregua di fiere e congressi. Nonostante quindi la loro sia principalmente un'attività che si svolge all'aperto vengono, nell'ultima ordinanza, considerati come le categorie che svolgono attività prevalentemente al chiuso. Chiedono per questo a gran voce aiuto ed equità di trattamento i totolari dei luna park nel rispetto anche di un comparto che genera un giro d'affari importante per l'economia nazionale, nel 2019 l'indotto è stato di 400 milioni di euro, 1.000 se si include nel conteggio anche il fatturato di hotel ristoranti e negozi di gadget che ruota intorno, un settore che ora è all'80% della perdita.
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— DLP Report (@DLPReport) April 17, 2021
«Perchè i parchi all'aperto sono associati a fiere e congressi?»
Il primo che ha puntato il dito sulle decisioni del Cts e del governo è Gardaland: «In attesa dell'ufficializzazione con il prossimo Dpcm, non ci spieghiamo per quale motivo i Parchi Divertimento, che svolgono la propria attività quasi esclusivamente all'aperto, vengano associati - in termini di data di riapertura - alle fiere e ai congressi che si svolgono indoor. Addirittura, se venisse mantenuta questa scadenza per le riaperture, i Parchi verrebbero ritenuti più pericolosi delle palestre o dei cinema che sono al chiuso!». Lo sottolinea ad Adnkronos l'Ad di Gardaland, Aldo Maria Vigevani. «Tale logica sarebbe esattamente contraria alla situazione internazionale - vedi Inghilterra e Usa - dove i parchi, appunto all'aperto, sono tra le prime attività a riprendere -continua Vigevani-. Lo scorso anno Gardaland ha inaugurato la stagione addirittura il 13 giugno e grazie ad un robusto ed efficace Protocollo di Sicurezza non è stato registrato nessun contagio tra i suoi Ospiti, i quali hanno confermato l'efficacia delle misure a più riprese attraverso migliaia di interviste online.»
Le associazioni di categoria
Argomenti condivisi dall'Associazione parchi permanenti italiani, aderente a Confindustria, che rappresenta 230 imprese sparse su tutto il territorio nazionale. «Evidenze scientifiche solide e di caratura internazionale hanno dimostrato che i rischi di contagio all'aria aperta sono infinitamente inferiori ed è stato provato che la presenza del cloro nelle piscine elimina in pochi attimi l'agente virale», fanno notare dall'associazione sottolineando che così facendo il governo toglie a queste imprese un intero mese di lavoro anche rispetto allo scorso anno quando il via libera arrivò a fine maggio.
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— Disneyland News Today (@dlnt) April 13, 2021
Le richieste
Da qui le richieste: « Chiediamo l'immediata equiparazione ai comparti merceologicamente simili - dice Ira - altrimenti dovremo intraprendere azioni eclatanti». Tra i più colpiti dalla crisi, ricorda il manager, il settore dei parchi adesso è allo stremo, con una perdita media dell'80%. Un calo di fatturato, sottolinea l'associazione, che mette in pericolo anche l'occupazione: «Fino al 2019, il nostro settore coinvolgeva direttamente 25.000 occupati, circa 50.000 con l'indotto. La perdurante incertezza porterà ad una fortissima contrazione degli occupati ormai in Fis da troppi mesi- sottolinea ancora Ira -. La nostra forza lavoro non ce la fa più: i migliori hanno trovato un altro impiego, ma migliaia di persone faticano a sopravvivere». E a preoccupare la categoria c'è anche un problema di tipo tecnico organizzativo perché formalmente il settore rientra ancora nella categoria «Circhi e Spettacoli Viaggianti» che fa capo al ministero della cultura e non al turismo, un particolare che secondo l'associazione avrebbe fatto escludere la categoria dai ristori e anche dalle agevolazioni sull'Imu concesse invece alle aziende del turismo, mentre le banche avrebbero limitato i finanziamenti. Nel 2020, ricorda l'associazione, il 20% dei parchi ha rinunciato completamente all'apertura e si sono persi 10.000 posti di lavoro stagionali. Il rischio ora «è di rendere ancora più precaria la posizione di centinaia di imprese italiane e migliaia di lavoratori».
Ultimo aggiornamento: Domenica 19 Febbraio 2023, 00:22
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