Coronavirus, per le Regioni dal 18 maggio riaperture differenziate
di Alberto Gentili
LEGGI ANCHE Fase 2, il premier Conte ora sotto assedio: il Pd si smarca
A dare l'annuncio del piano per le riaperture su base regionale è il ministro Francesco Boccia dopo un nuovo vertice con i governatori: «Il governo valuterà aperture differenziate per Regione a partire dal 18 maggio, sulla base dei dati del contagio che emergeranno dopo il 4 maggio». Boccia ha anche gettato acqua sul fuoco dello scontro con i governatori, parlando di ordinanze «legittime al 95%»
In mattinata è Conte ad affrontare le aule parlamentari trasformate in ring e non solo difende le scelte compiute sul 4 maggio, ma decide di indicare un orizzonte per aperture più ampie e di offrire spiragli per il riavvio di asili nido e campi estivi. Ribatte anche alle critiche di chi lo accusa di essersi mosso con i suoi Dpcm fuori dalla Costituzione: il governo, sottolinea, ha sempre rispettato quei principi e non ha mai agito «in solitaria». Non convince però né l'opposizione, né Renzi, che gli lancia, appunto, un «ultimo appello» che sa di ultimatum: «Non abbiamo sventato i pieni poteri a Salvini per darli a te: se scegli il populismo non avrai Italia viva al tuo fianco».
LEGGI ANCHE Fase 2, ministro De Micheli: «Regole uguali nei trasporti, capienza media al 50%»
I NUMERI IN BILICO
La maggioranza «esiste», replica Conte, lasciando nel pomeriggio Palazzo Madama. E non appare una frase scontata. Secondo l'opposizione, i partiti di governo in Senato non avrebbero avuto da soli i voti per approvare il Documento di economia e finanza («Solo 158 sì, sui 276 totali»). E Renzi ruba la scena a Matteo Salvini, che dalla scorsa notte con i suoi occupa il Parlamento, riaprendo la partita politica che era stata messa in quarantena dal Coronavirus: Iv minaccia di lasciare la maggioranza senza risposte e «una visione» chiara su riaperture e misure economiche.
L'ex premier cita anche i morti di Bergamo e Brescia per esigere riaperture («se fossero qui le avrebbero chieste») e si attira una bufera sui social e una strigliata del sindaco di Bergamo Giorgio Gori: «Uscita infelice». Il premier liquida con parole gelide l'attacco di Renzi: «Nessun ultimatum, chiede di fare politica e la stiamo facendo». Vito Crimi per il M5s e Andrea Orlando per il Pd lo difendono da accuse «irresponsabili» e «manovre di palazzo».
Ma la tensione è alle stelle, anche perché continuano i litigi in maggioranza sulle misure economiche e il Pd, con Orlando e Stefano Ceccanti, continuano a chiedere al premier di limitare l'uso dei Dpcm.
Il premier però difende nuovamente i Dpcm: il governo agisce dopo una dichiarazione di stato d'emergenza e sulla base di due decreti che danno supporto normativo: i decreti servono ad assicurare «tempestività». Decisioni «ondivaghe», rivendica, avrebbero avuto effetti irreversibili. I principi costituzionali richiamati dalla presidente della Consulta Marta Cartabia «non sono mai stati trascurati né affievoliti», afferma. E dice di non poter né voler controllare i rapporti familiari, ma aggiunge che da quelli nasce un quarto dei contagi. Perciò le aperture di ristoranti, musei e parrucchieri si valuteranno sulla base del meccanismo di monitoraggio del contagio elaborato dal ministro della Salute: «Abbiamo scelto anche misure impopolari senza pensare al consenso, perché per ora non si può assicurare il ritorno alla normalità. I rischi sono troppo alti».
Ultimo aggiornamento: Venerdì 1 Maggio 2020, 20:36
© RIPRODUZIONE RISERVATA