«Vanno incrociate le banche dati Mai più pistole alle persone malate»

Luca Di Bartolomei
Sono stato l'ultima persona a vedere Agostino, mio padre, il calciatore amato da tutti, il 30 maggio del 1994 prima che si sparasse dritto al cuore con la sua pistola. E non passa giorno da quando anche io sono diventato padre che non sia atterrito dalla possibilità che una pistola in mano a una persona qualunque possa strapparmi ancora qualcuno a me caro: un figlio, un amico, un collega di lavoro. Le terribili notizie che domenica arrivavano da Ardea mi hanno afferrato come un amo, impedendomi di allontanarmi dalla tragedia che si consumava in diretta. Più leggevo, più i particolari si arricchivano e più io pensavo a Domenico, il padre dei piccoli David e Daniel che li ha visti morire tenendoli per mano. Ed è da quel momento che dentro di me una sensazione di vuoto e di nausea si fanno spazio.
Viviamo in un Paese con 10 milioni di pistole dove anni di crisi sociale sono stati acuiti dalla pandemia. In un'Italia spaventata e insieme armata quante Ardea rischiamo se non facciamo qualcosa? Questa tragedia ci dice che qualcosa non ha funzionato: una situazione di forte confusione e disorganizzazione. Prendete questi elementi: una persona che aggredisce con un coltello la madre, conosciuto da tutti come instabile, con un'arma nel nucleo familiare. Elementi che dovrebbero far scattare qualche punto interrogativo se non un allarme delle forze dell'ordine. Poter incrociare i database sui detentori di armi - in mano alle questure e quindi al ministero dell'Interno - con quelli dei soggetti in cura per disturbi mentali, che sono in possesso delle Asl e del ministero della Salute aiuterebbe.
Ma questo non avviene: queste informazioni non si parlano tra loro. Ed anche quando potrebbero capita che si arrivi tardi, troppo tardi. Come nel caso del femminicidio di Ventimiglia: dove pur a fronte due denunce per minacce non si è attivato il codice rosso.
Non voglio muovere accuse, ma mentre si parla tanto di digitalizzazione che aspettiamo a superare questa assurda incomunicabilità? A qualcuno potrà sembrare un tema marginale. Eppure qualche numero dovrebbe farci riflettere: nella sola Roma ci sono 256 mila possessori di armi da fuoco, circa uno ogni 10 abitanti. Sono moltissimi e per di più i controlli sono insufficienti. Passano in media 5 anni tra una verifica sullo stato di salute del possessore e l'altra. Non amo le armi, ma non voglio farne una questione di principio, bensì una questione di sicurezza per tutti. Nei primi quattro mesi del 2021 vi sono stati 91 omicidi, in 38 casi (oltre il 40%) si tratta di donne uccise in ambito familiare-affettivo (se così vogliamo dire), quasi sempre con colpi di arma da fuoco. Quasi sempre da pistole legalmente detenute. Davanti a noi abbiamo passaggi sociali difficilissimi: cosa stiamo rischiando?
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Ultimo aggiornamento: Martedì 15 Giugno 2021, 05:01
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