Blocco di ghiaccio e sassi crolla dalla Marmolada, travolte due cordate: 6 morti, 9 feriti e 15 dispersi. Gli inquirenti: «Una carneficina» Video Foto

Il distacco è avvenuto oggi nei pressi di Punta Rocca, lungo l'itinerario di salita della via normale per raggiungere la vetta

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di Redazione web

BELLUNO - Un boato e, subito dopo, il rumore del ghiaccio e delle pietre che vengono giù dalla montagna. Un enorme seracco si è staccato dalla Marmolada, la Regina delle Dolomiti al confine tra il Trentino e il Veneto, oggi domenica 3 luglio, uccidendo almeno sei alpinisti e ferendone molti altri, almeno nove, di cui due in modo grave. Un bilancio che potrebbe aggravarsi ancora: secondo fonti del Soccorso Alpino, che ha evacuato diciotto persone e chiuso il ghiacciaio per il rischio di altri crolli, sarebbero almeno 15 le persone che ancora mancano all'appello anche se si stanno ancora facendo le verifiche per definire il numero esatto. In ogni caso, aggiungono, «è difficile che ci siano sopravvissuti».

I soccorritori

«Non ho mai visto su queste cime una cosa del genere. Non è stata la solita valanga: è la natura. Se volessimo fare un paragone con l'edilizia potremmo parlare di un cedimento strutturale», racconta un soccorritore, che attribuisce al gran caldo di questi giorni la probabile causa dell'incidente. Nella zona, oggi è stata registrata la temperatura record di 10,3 gradi, con la minima che la scorsa notte è rimasta sempre sopra i 5 gradi. Lo zero termico è oltre i 4mila metri. Il distacco è avvenuto intorno all'ora di pranzo nei pressi di Punta Rocca, lungo l'itinerario di salita della via normale, e ha travolto diverse cordate di escursionisti - italiani e stranieri secondo quanto si apprende - che stavano raggiungendo la vetta con i ramponi. I primi testimoni hanno parlato di 4 cordate lungo la parete e, secondo quanto ricostruito finora dagli inquirenti, la valanga potrebbe averne travolte due, ognuna composta da sei alpinisti. Tra le vittime ci sarebbero anche le guide alpine.

Il disastro

A venire giù è stata proprio una parte della cima della Marmolada, un ghiacciaio che ha centinaia di anni: il crollo si è verificato attorno ai 3mila metri, 300 metri sotto la vetta, mentre le ricerche si sono concentrate ad una quota più bassa, tra i 2.500 e i 2.800 metri. Quel che è certo è che in pochi secondi dalla montagna sono caduti giganteschi blocchi di ghiaccio e di roccia che hanno travolto chiunque fosse lungo il percorso. I feriti si sono salvati solo perché erano lontani dall'area del crollo, investiti dallo spostamento d'aria e da piccoli detriti. Subito dopo le prime notizie che giungevano dalla cima della montagna, si sono attivate tutte le stazioni del soccorso alpino della zona, almeno cinque elicotteri e le unità cinofile, che hanno operato fino a quando anche i soccorritori sono stati evacuati per l'elevato pericolo di ulteriori distacchi. Un pezzo della calotta  di Punta Rocca è rimasto in bilico, centinaia e centinaia di metri cubi di ghiaccio che potrebbero venire giù da un momento all'altro.

Le vittime allo stadio del ghiaccio

Per questo motivo i comuni di Canazei (Trento) e di Rocca Pietore (Belluno) hanno vietato, con apposite ordinanze, l'accesso e la percorrenza dell'area interessata dalla valanga fino a quando non sarà accertata la natura del distacco con gli opportuni rilievi glaciologici e geologici. I feriti sono stati trasportati negli ospedali di Belluno, di Treviso e di Trento, mentre le salme delle vittime sono state portate allo stadio del ghiaccio di Canazei, paese della Val di Fassa che si trova a pochi chilometri dal passo Fedaia, dove parte la funivia per salire in vetta. Attivato anche un team di psicologi per assistere i parenti delle vittime, che non sono ancora state identificate. Per farlo è probabile che sarà necessario l'esame del dna.

Il premier Draghi

Esprime «il più profondo cordoglio per le vittime del terribile crollo sulla Marmolada» il presidente del Consiglio, Mario Draghi, che a nome del governo italiano esprime vicinanza «alle loro famiglie e a tutti i feriti». Il premier sta seguendo di persona l'andamento dei soccorsi, informato dal Capo del Dipartimento della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, dal Presidente della Provincia autonoma di Trento Maurizio Fugatti, dal soccorso alpino, dai vigili del fuoco e dalle autorità locali, «che ringrazia - si legge in una nota di Palazzo Chigi - per il loro incessante lavoro». Dolore e sgomento, apprensione e angoscia sono i sentimenti bipartisan della politica, che parla di una «terribile tragedia».

La procura apre un fascicolo

La procura di Trento ha aperto un fascicolo, al momento a carico di ignoti, che ipotizza il reato di disastro colposo. Ad occuparsi delle indagini, con il procuratore Sandro Raimondi, è il pm Antonella Nazzaro. «È un disastro inimmaginabile - ripetono gli inquirenti - una carneficina».

Gli inquirenti: «Una carneficina»

La valanga sulla Marmolada è «un disastro inimmaginabile, una carneficina tale che solo difficilmente ci permetterà di identificare con esattezza l'identità delle vittime perché i corpi sono stati smembrati» dalla colata di ghiaccio e sassi. È quanto di cono gli inquirenti.  I soccorritori sperano ora in un abbassamento delle temperature di notte per poter riprendere domani mattina presto le ricerche.

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IL VIDEO DEL CROLLO
Postato sul gruppo "Dolomiti che passione"

Luca Zaia

«Un grosso seracco in Marmolada è crollato e, secondo le prime informazione del Suem, avrebbe coinvolto una quindicina di persone di cui 8 feriti, uno dei quali in gravi condizioni. I feriti sono stati ricoverati negli ospedali di Belluno, Treviso, Trento e Bolzano. Proprio ieri sulla Marmolada è stato raggiunto il record delle temperature (10 gradi circa in vetta)». Così il presidente del Veneto Luca Zaia appena appresa la notizia e in seguito ha aggiunto: «Quanto è successo oggi sulla Marmolada è una tragedia che ci tocca tutti e che ci colpisce profondamente.

La macchina della Regione Veneto è intervenuta con tutti i mezzi, gli operatori e i volontari possibili per portare in salvo i feriti, alcuni dei quali sono stati trasportati e presi in carico dalle nostre strutture ospedaliere. Continuo, soprattutto tramite la Protezione Civile e il Suem 118 regionale, i cui uomini e donne stanno dando il massimo, lavorando senza sosta, a seguire gli sviluppi di un incidente che si fa fatica ad accettare e a comprendere. Siamo vicini ai famigliari delle vittime di questa terribile domenica sulla Regina delle Dolomiti».

Gianpaolo Bottacin

«Sono in contatto con il Capo del Dipartimento della Protezione Civile Fabrizio Curcio, per tenerlo informato, e con il Capo della Delegazione del Soccorso Alpino Alex Barattin. Per la parte veneta sono già operativi i 2 elicotteri del Suem 118 della Ulss di Belluno. Operativo anche uno degli elicotteri della Protezione Civile della Regione del Veneto per trasportare squadre dei soccorritori alpini con unità cinofile sul posto. Tutte le squadre del soccorso alpino della zona sono state attivate. Già recuperati i primi feriti». Sono le prime parole dell'assessore regionale BottacinDurante il pomeriggio il bilancio si è di volta in volta aggravato ed è toccato all'assessore Bottacin dare conferma delle prime vittime che inizialmente erano quattro, poi cinque e ora sei.

Il climatologo Mercalli

«Il caldo? Potrebbe aver contribuito al distacco del serracco dal ghiacciaio della Marmolada che al momento avrebbe provocato 5 vittime. «I seracchi dai ghiacciai si staccano sempre e comunque - spiega Luca Mercalli, presidente della Società meteorologica italiana climatologo, divulgatore - ma di sicuro il caldo può aver contribuito. Perché oggi è stata una delle giornate più calde dell'estate, circa 10 gradi a 3mila metri e quindi può aver accelerato o essere stata una concausa del distacco».

La testimonianza dal rifugio Punta Penia

«Il ghiacciaio della Marmolada è chiuso a tutti. Oggi è un giorno triste... Altri pezzi di ghiaccio sono a rischio distacco». È il messaggio di Carlo Budel, gestore di Capanna Punta Penia, il rifugio sulla cima della Marmolada (3.343 metri) la montagna delle Dolomiti dove oggi, più in basso, si è staccato l'enorme frana. «Oggi da Punta Rocca si è staccato un blocco di ghiaccio gigantesco - dice, condividendo sui social un video girato dall'alto - ha preso dentro tutta la linea del ghiacciaio, è andato giù fin sotto Pian dei Fiacconi. Ha travolto un sacco di persone. Il ghiacciaio da questo momento è chiuso, nessuno può più salire per il ghiacciaio. Oggi sono morte tante persone purtroppo».

L'evacuazione

Gli operatori del soccorso alpino hanno chiuso l'area della Marmolada, per mezzo di elicotteri, per il pericolo di ulteriori distacchi. È in corso un'evacuazione totale, anche degli ospiti del rifugio Punta Penia che vengono trasportati a valle con gli elicotteri dato il pericolo del verificarsi di ulteriori valanghe. Si procede anche al rientro dei soccorritori. Capanna Punta Penia è un rifugio alpino sulla vetta del gruppo della Marmolada, a cavallo fra Trentino-Alto Adige e Veneto, costruito da una guida alpina verso la fine degli anni quaranta con i resti di una postazione austriaca della prima guerra mondiale.

Reinhold Messner

«Con il caldo globale i ghiacciai sono sempre più sottili e, quando cadono, vengono giù pezzi come grattacieli». Reinhold Messner, il primo alpinista ad aver conquistato tutti gli ottomila, commenta così la tragedia della Marmolada. «I seracchi cadono da sempre - spiega - ma negli anni Sessanta il pericolo che accadesse era di gran lunga minore. Purtroppo anche la montagna risente dell'inquinamento delle grandi città». L'esploratore trentino, pioniere della arrampicata libera, conosce bene Punta di Rocca. «Ci sono salito più volte, anche se ormai non ci vado da tanti anni», racconta il 78enne originario di Bressanone (Bolzano) che per primo, nel 1978, scalò l'Everest senza ossigeno.

«Lì non c'è quasi più ghiaccio, non deve essere molto grande il seracco - osserva -. Fa troppo caldo, dieci gradi ieri è una cosa incredibile, il permafrost se ne va e sotto il ghiaccio si formano veri e propri fiumi d'acqua che portano via tutto». Un problema, quello del riscaldamento globale e della scomparsa dei ghiacciai, che non riguarda soltanto le nostre Alpi. «Ormai accade ogni giorni in tutti i ghiacciai e il pericolo sotto i seracchi aumenta», afferma ancora Messner, famoso anche per le traversate dell'Antartide e della Groenlandia, come del Deserto del Gobi, senza il supporto di mezzi a motore né cani da slitta. «Non sto dicendo che chi oggi era là è stato imprudente - precisa - Salire là, lungo la via normale, è una abitudine per chi va in montagna da quelle parti. Un alpinista bravo, però, non va sotto un saracco in questo periodo: l'arte dell'alpinismo - sostiene - sta nel non morire in una zona dove questa possibilità esiste e, per riuscirci, bisogna tenere occhi e orecchie bene aperti. Sempre...».

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Ultimo aggiornamento: Lunedì 4 Luglio 2022, 10:37
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