Curve, Gabrielli e D'Angelo: "Gli ultrà
non vogliono il dialogo, le barriere restano"

Curve, Gabrielli e D'Angelo: "Gli ultrà non vogliono il dialogo, le barriere restano"

di Francesco Balzani
«Le barriere restano fino a che i tifosi non torneranno in curva». L'ormai ex prefetto Gabrielli (presto nominato capo della polizia) non indietreggia di un centimetro e ieri, nell'aula magna della Sapienza nel corso dell'incontro La legalità rompe le barriere lo stadio Olimpico tra presente e futuro, ha ribadito quanto detto e ripetuto negli ultimi mesi proprio di fronte a Baldissoni, Spalletti, Lotito e Inzaghi.

«Il provvedimento delle barriere non è piaciuto perché non piace l'idea di mettere regole in quella che qualcuno considera casa loro ma casa loro non è». Anche il questore D'Angelo annuisce: «Le barriere sono dentro un documento di aprile 2014 prodotto da una task force che riunì anche i migliori soloni del mondo del calcio. Le barriere restano finché questi signori non rientreranno allo stadio. Il dialogo con loro è lontano». Due interventi accolti dai fischi della platea. «I buu delegittimano chi li fa, se avete qualcosa da dire ditelo», sbotta Gabrielli.

A non essere d'accordo stavolta non sono nemmeno i due club che stanno pagando lo sciopero delle due curve: -12,3% di spettatori la Roma rispetto allo scorso anno, addirittura -41,4% la Lazio mentre a Torino e Napoli (dove le barriere non ci sono) i dati sono in aumento.

Spalletti non ci sta. Parte con una battuta: «Le barriere sono ammesse solo quando calcia le punizioni Totti». Poi si fa serio e riceve il boato del pubblico: «Se leggo la parola barriera sul dizionario leggo solo ostacolo, privazione e mi viene difficile spiegarla a mia figlia di 5 anni. Vanno bene, anzi benissimo, i controlli e la sicurezza, ma gli stadi sono vuoti». Ai più piccoli è rivolto anche il pensiero di Inzaghi: «Ieri ho perso in casa contro la Fiorentina, ma è stato bellissimo vedere lo stadio così pieno di famiglie. Così dovrebbe essere sempre».

Gli fa eco il dg giallorosso Baldissoni: «Bisogna puntare all'eliminazione di tutte le barriere e fare largo alla responsabilità. Il tifo non è una malattia da debellare. Non dobbiamo cadere nell'equivoco che il tifo sia sinonimo di illegalità». Lotito è meno diretto: «All'intero della Curva ci sono persone anche per bene che vogliono gustarsi solo il match e tifare. Se avessimo gli stadi di proprietà sarebbe tutto più facile. Va promosso il tifo allo stadio e reprimere certe azioni vandaliche nel rispetto delle regole». E i tifosi che ne pensano? Da un'indagine realizzata dai ricercatori della Link Campus University su 4mila supporter intervistati fuori dallo stadio, emerge che 8 su 10 sono contro il provvedimento.
Ultimo aggiornamento: Martedì 17 Maggio 2016, 08:54
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