Riforma del Senato, cambia l'elezione del
Presidente della Repubblica e il referendum

Riforma del Senato, cambia l'elezione del ​Presidente della Repubblica e il referendum

di Alessandra Severini
ROMA - Malumori e polemiche rallentano ma non fermano il cammino della riforma del Senato, che da oggi approda in aula a Palazzo Madama. Ci saranno poi sei giorni di tempo per presentare emendamenti e da mercoled si comincer a votare. Il timing soddisfa il premier Renzi che conta di presentarsi al Consiglio europeo con la prova che l'Italia sta cambiando.





In aula i dissidenti si faranno ancora sentire. Ma in Forza Italia, come nel Pd e nel M5s, non sembrano avere la forza per far saltare la riforma. Anche se ieri in commissione, il voto sull'emendamento che trasforma il Senato (non più eletto dai cittadini ma dai consigli regionali) è slittato ancora una volta a stamattina.



Votate invece le nuove norme sull'elezione del presidente della Repubblica. La maggioranza assoluta per l'elezione dell'inquilino del Quirinale sarà sufficiente solo dal nono scrutinio e non più dal quarto. Nei primi 4 scrutini saranno chiesti i 2 terzi dei consensi, nei successivi 4 occorreranno i tre quinti dei voti. Dal nono voto si scenderà alla maggioranza assoluta.



Cambia, nel ddl Boschi, anche il numero delle firme necessarie per proporre un referendum abrogativo: 800mila, contro le 500mila richieste finora. Una modifica che fa parlare i radicali di «colpo mortale alla democrazia». E' vero anche che le nuove norme chiedono anche un quorum più basso per renderlo valido. Non occorrerà che partecipi almeno la metà dei cittadini iscritti alle liste elettorali (oggi oltre 50 milioni), bensì il 50% di quelli che hanno partecipato alle ultime elezioni politiche.



Il più severo con la riforma rimane Beppe Grillo che, con il solito linguaggio colorito, definisce il Patto del Nazareno «un salvacondotto per il culo di Berlusconi che in cambio garantisce il suo appoggio al governo e al disegno controriformista di Napolitano». Esorta poi i senatori forzisti: «Vendetevi da soli, invece che farvi vendere dal noto pregiudicato. Ci guadagnerete e non farete la figura dei coglioni». Il M5S però continua a dirsi disposto al dialogo col Pd su legge elettorale e legge anticorruzione. I 5 stelle però vanno all'attacco a testa bassa su un'altra questione: l'Ufficio di presidenza della Camera ha respinto la richiesta avanzata dal M5S di togliere lo stipendio ai deputati arrestati che per questo non possono esercitare il loro mandato. «Serve una legge» sentenzia Montecitorio e i grillini attaccano: «I partiti danno lo stipendio ai parlamentari in galera».



Il Pd deve risolvere anche la “grana” Errani. Il governatore dell'Emilia non è intenzionato a ritirare le dimissioni e prepara la difesa in Cassazione. Renzi lo ha incontrato a Palazzo Chigi e insieme a lui intende studiare la successione alla guida della Regione, per cui si fa insistentemente il nome del sottosegretario Graziano Delrio, già sindaco di Reggio Emilia. Ma anche Berlusconi ha il suo bel da fare per placare la tensione dei frondisti azzurri, indisponibili a votare il testo delle riforme. Ci proverà nella riunione con tutti i parlamentari martedì prossimo.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 10 Luglio 2014, 10:29
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