Coppia dell'acido, Alex: "Voglio prendermi
le mie responsabilità per il bambino"

Coppia dell'acido, Alex: "Voglio prendermi le mie responsabilità per il bambino"

di Alessandro Tittozzi
«Vorrei farmi carico delle mie responsabilità di padre nel modo più completo possibile». Lo afferma Alexander Boettcher, il padre del bimbo partorito da Martina Levato a Ferragosto, secondo quanto riferisce il suo legale, Alessandra Silvestri.



Il compagno di Martina, condannato come lei a 14 anni di carcere, ha anche detto di pentirsi «del proprio passato stile di vita» e ha sottolineato la «sua partecipazione al dolore delle vittime di quegli atti che, seppure in parte, sono anche a lui attribuiti».



La partecipazione al dolore delle vittime, continua il legale, tuttavia
«non significa che Alex affermi il pentimento quale diretta conseguenza della propria partecipazione agli atti così come suppostamente a lui ascritti. Egli si pente, piuttosto, del proprio passato stile di vita che non gli ha consentito di effettuare scelte adeguate in merito alle condotte da tenere - continua il legale - e non gli ha permesso di impedire ed arginare quelle iniziative di morbosa esternazione di un sentimento estremo verso di lui provato».



Alexander, secondo il legale
«anzi intende mettere in discussione tutte le proprie scelte passate, rivedere la propria vita in un'ottica di critico realismo, senza, con ciò, sfuggire ai propri obblighi ed alle proprie responsabilità». Solo in questo senso, precisa l'avvocato riferendosi ad alcune dichiarazioni attribuite a Boettcher su una sua presunta intenzione di sposare Martina, il suo assistito potrebbe prendere in considerazione l'idea del matrimonio. «Alexander intenderebbe farsi carico delle proprie responsabilità di padre nel modo, a suo giudizio, più completo possibile - afferma il legale - senza però che l'obbiettivo del matrimonio sia il fine ultimo del percorso intrapreso».



La decisione del Tribunale

La «vicenda criminosa» evidenzia da parte di Martina Levato «un'assenza di pensiero e di sentimento rispetto alla vita», scrive il Tribunale per i minorenni che spiega anche come il «progetto procreativo» di Levato e Boettcher si sia sviluppato «insieme al progetto criminoso».



Nel provvedimento, infatti, il collegio, presieduto da Antonella Brambilla, ricorda come Martina nell'ambito del procedimento penale abbia sostenuto di «aver agito nei confronti della vittima», ossia Pietro Barbini (per questo caso è già stata condannata a 14 anni), «per purificarsi dai rapporti sessuali intrattenuti con soggetti diversi dal suo partner e poter così diventare una madre e una compagna degna».



Ai fini del «presente giudizio», scrivono i giudici che hanno collocato il figlio di Martina presso i servizi sociali, «rileva come la donna avesse subordinato il progetto procreativo e genitoriale al programma criminoso, sprezzante, non solo delle possibili conseguenze sul piano della propria libertà personale, ma anche di quelle che sarebbero ricadute fin dai primi mesi di vita sul bambino, sulla propria possibilità di prendersi cura di lui in una condizione di normalità». E per i giudici rileva anche che Levato «pur consapevole del proprio stato di gravidanza, insieme al compagno, abbia ordito e commesso azioni gravissime, anche con l'uso di sostanze pericolose», l'acido, «potenzialmente dannose per la propria salute e per quella del bambino che portava in grembo».



Il caso dell'aggressione a Barbini e gli altri blitz con l'acido, per i quali la giovane è ancora a processo, evidenziano, scrive il Tribunale, «sia nella loro gravità che nel complesso dei motivi che sembrano ad essi correlati, un'assenza di pensiero e di sentimento rispetto alla vita che si stava formando ed una completa preponderanza di aspetti inerenti alla dimensione aggressiva e rivendicativa».
La Levato è stata dimessa dalla clinica e, dopo le terapie post parto, è tornata nel carcere di San Vittore. Il piccolo Achille, figlio della donna e di Alexander Boettcher, la coppia condannata a 14 anni di reclusione per l’aggressione con l’acido a Pietro Barbini, è stato dimesso dalla clinica Mangiagalli di Milano intorno alle 13. Il neonato (venuto alla luce il giorno di Ferragosto) è stato trasferito presso i servizi sociali del Comune meneghino, che ora dovranno individuare una comunità dove far crescere il bambino.





Stabilite anche le procedure per vedere il piccolo. Secondo il provvedimento dei giudici minorili anche i nonni, oltre alla madre e al padre, potranno far visita al piccolo Achille, con modalità protette da stabilire da parte dei servizi sociali. Nell'ordinanza i giudici minorili citano la perizia psichiatrica che nel processo penale aveva valutato Martina Levato come «soggetto borderline e pericoloso socialmente», come Boettcher. Riferimenti alla perizia che, secondo l'avvocato Laura Cossar, legale dei genitori di Martina, non sono appropriati perchè la perizia era stata disposta in un altro procedimento, quello penale.



Martina Levato intanto continua a ribadire che vorrebbe essere trasferita assieme al figlio neonato in una delle comunità di don Mazzi o in alternativa all'Icam, l'Istituto per madri detenute con figli. La sua difesa formalizzerà una istanza in tal senso. Don Mazzi ha ribadito la sua disponibilità ad accoglierli in una delle sue strutture: "Siamo pronti ad accoglierli. Eravamo pronti anche prima che Martina partorisse". Don Mazzi ha detto di avere parlato con gli avvocati e con i genitori della ragazza. "Noi siamo pronti" ha spiegato il sacerdote convinto che "Martina deve stare con il bambino. Deve allattarlo perché questa è l'unica via per salvare la mamma e il bambino". Sul centro che potrebbe ospitarli, una della quarantina di strutture della fondazione Exodus sparse per l'Italia, don Mazzi ha preferito non dire molto.
Ultimo aggiornamento: Sabato 22 Agosto 2015, 16:20