Giallo di Pordenone, l'amica di Rosaria rivela: "Falso profilo Facebook di Giosué"

Giallo di Pordenone, l'amica di Rosaria rivela: "Falso profilo Facebook di Giosué"
È la giornata delle testimonianze delle amiche di Maria Rosaria Patrone, la fidanzata di Giosuè Ruotolo, unico imputato per l'omicidio di Teresa Costanza e Trifone Ragone, il 17 marzo 2015 nel parcheggio del palazzetto dello sport di Pordenone. L'udienza, la decima che si sta celebrando in Corte d'Assise a Udine, si è aperta con la testimonianza di Rosa Fragliasso. La giovane ha riferito in aula di aver conosciuto Maria Rosaria e Giosuè all'inizio degli studi universitari, tra il 2010 e il 2011, e di essere stata insieme a loro e a una terza amica nella casa di Giosuè nel maggio 2013, ospite proprio nella camera di Trifone che in quel periodo era assente.
Rosaria le avrebbe riferito di aver paura che Trifone potesse influenzare negativamente Giosuè e sarebbe stata sollevata quando stava per cambiare casa. Dall'esterno, ha raccontato ancora la giovane, quella di Giosuè e Rosaria «sembrava una coppia solida, ma una volta mi riferì che voleva lasciarlo perché lei era cambiata e il loro rapporto non era più lo stesso».

«Maria Rosaria ci spiegò che con i pc della caserma Giosuè aveva creato un profilo Facebook femminile, lo avevano pensato entrambi, da cui avevano mandato due o tre sms alla fidanzata per dirle che Trifone la tradiva». Lo ha riferito Anna Mena Rea, una delle amiche di Maria Rosaria Patrone, ascoltata oggi in aula come teste nel corso della decima udienza del processo per l'omicidio di Teresa Costanza e Trifone Ragone. «Mi disse - ha aggiunto la teste, rispondendo ai pm - che avevano fatto una stupidaggine. Maria Rosaria aveva fatto un accesso al profilo Facebook con il suo cellulare da Somma Vesuviana e temeva che potesse mettere nei guai Giosuè. La preoccupazione di Maria Rosaria era molto forte, temeva che fosse un elemento che collegava Giosuè a Trifone, e sapeva che Giosuè non aveva un alibi perché era a casa a giocare con la playstation e non c'era nessuno che poteva confermarlo. Temeva anche che potesse essere licenziato perché non potevano utilizzare i pc della caserma per motivi personali».

L'amica ha riferito anche che il giorno prima di essere sentita dai Carabinieri Maria Rosaria si era presentata a casa sua e le aveva chiesto di parlarle lontano dai cellulari: «Mi chiese di non dire del profilo Facebook e neppure del suo stato di agitazione», ha aggiunto. Analoghe circostanze sono state poi riferite anche da una terza amica, Carmen Claudia Piccolo. Le due hanno anche negato di essere a conoscenza che Maria Rosaria avesse avuto gravi malattie di cui si parlava nei messaggi inviati dal cellulare della ragazza a quello del fidanzato. Alle tre ragazze sono state anche mostrate due foto di Maria Rosaria con ecchimosi al volto, in particolare agli occhi e al labbro, trovate sul cellulare di Giosuè, ma le amiche hanno negato di averla mai vista in simili condizioni.
Giovedì prossimo, alla prossima udienza, verranno ascoltati alcuni carabinieri del Ros di Roma che hanno svolto le indagini telematiche.

Ultimo aggiornamento: Lunedì 19 Dicembre 2016, 17:59
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