La strage e la rivolta. È un day after terribile per i vertici militari russi e per il Cremlino. Insorgono i blogger militari e i politici del Donetsk, una delle regioni annesse da Putin alla Federazione russa, contro i generali per la carneficina di reclute a Makiivka, poco più che trentenni arruolati come riservisti nella vicina Samara.
LE PROTESTE
Qui i familiari scendono in piazza in un paio di manifestazioni autorizzate. I soldati erano ammassati a pochi chilometri dalla linea del fuoco, liberi di usare i cellulari che segnalano la posizione, in un ex istituto professionale ora ridotto a un cumulo di macerie. Ancora ieri le squadre d'emergenza scavavano cercando morti e sopravvissuti. E il numero delle vittime dell'attacco di Capodanno degli Himars, i missili ad alta precisione forniti dagli Stati Uniti a Kiev, è tuttora un mistero. Il ministero della Difesa russo, che normalmente non ammette perdite, riferisce di 89 morti ma l'Intelligence ucraina parla di 400 vittime (e 300 feriti). Sono i milblogger, i blogger militari pro-Russia come Spetnaz Z che ha oltre 700mila follower su Twitter, a definire «orribile quanto è avvenuto». E aggiunge: «Chi ha avuto l'idea di sistemare tutti quei militari in una sola struttura? Persino un pazzo capisce che con un unico attacco d'artiglieria ci sarebbero stati molti morti e feriti. Ma ai comandanti non può importare di meno. Ogni errore ha un nome!». Partita la caccia al colpevole. «Basare le forze militari in un edificio, non nei rifugi, è un aiuto diretto al nemico, bisogna trarre le conclusioni più dure», per il giornalista conservatore e deputato alla Duma, Andrey Medvedev. E il milblogger Vladlen Tatarsky invoca il tribunale per gli ufficiali responsabili, «degli idioti impreparati».
Semyoin Pegov, nome sui social WarGonzo, già premiato con l'Ordine del Coraggio da Putin e forte di 1.3 milioni di sottoscrittori, racconta che il numero delle vittime «cresce man mano che vengono rimosse le macerie» e vuole che i responsabili vengano «ricercati e puniti secondo lo statuto, senza guardare all'interesse di certi clan militari/politici». Sergei Mironov, leader di un partito vicino al Cremlino, reclama pure lui un processo per i colpevoli, «abbiano le spalline oppure no».
LE MOSSE DELLO ZAR
Putin intanto si affretta a produrre una serie di provvedimenti a favore delle famiglie e dei militari attivi nel Donbass. Dopo il decreto che consente di fatto corruzione e saccheggio, lo Zar ne ha firmato un altro che garantisce alle famiglie dei caduti 5 milioni di rubli, pari a 66mila euro, e 3 per i feriti (quasi 40mila). Al ministro della Difesa, Shoigu, suo amico siberiano, chiede un rapporto entro il 1° febbraio su armi, uniformi e equipaggiamento forniti alle truppe nella operazione militare speciale. Ordina pure di produrre e trasmettere alla Tv docu-film sulla guerra e sulla «lotta alla diffusione dell'ideologia neonazista e neofascista» della dirigenza di Kiev e delle sue truppe. Intanto, comanda di martellare le città ucraine con l'invio di decine di droni iraniani a basso costo, salvo che gli ucraini sarebbero ormai in grado, secondo Zelensky, di neutralizzarne la quasi totalità. Nelle ultime ore l'attacco si è concentrato su Kherson, che è stata bersagliata 32 volte secondo il governatore ucraino, Yanushecych, su un totale di 79 attacchi-bombardamenti sull'intera regione. Due i morti, 9 i feriti. I russi sarebbero stati respinti in 13 località del Donbass. Prigozhin, ex cuoco di Putin oggi a capo dei mercenari Wagner, cerca di spiegare la mancata conquista di Bakhmut. «C'è una fortezza in ogni casa, i ragazzi combattono tutto un giorno per prenderne una e passano a un'altra. Non è sbagliato parlare di 500 linee di difesa, una ogni dieci metri».
Ultimo aggiornamento: Giovedì 5 Gennaio 2023, 18:34
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