Catena Fiorello torna in libreria con Ciatuzzu, il nuovo romanzo ambientato nella Sicilia anni '60

Una storia di formazione su migrazione e lavoro minorile, raccontati attraverso gli occhi di un bambino

Catena Fiorello torna in libreria con Ciatuzzu, il nuovo romanzo ambientato nella Sicilia anni '60

di Elena Fausta Gadeschi

A Leto, un paesino della Sicilia affacciato sul mare, lo conoscono con vari nomi. Battezzato Sebastiano, c’è chi lo chiama Ianu, chi Nuzzu e chi semplicemente picciriddu. Per sua madre però è «Ciatu miu», respiro mio. Quando viene a mancare, Ciatuzzu ha solo 9 anni e il mondo non sembra più lo stesso. Per sentirla vicina la va a trovare tutti i giorni al cimitero, dove impara a vincere le proprie paure e a guardare «con gli occhi del cuore». Ma proprio quando sembra avere trovato la propria dimensione, è costretto a emigrare con il padre in Belgio in cerca di fortuna.

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Catena Fiorello torna in libreria con Ciatuzzu, il nuovo romanzo ambientato nella Sicilia anni '60

Catena Fiorello, nel suo nuovo romanzo Ciatuzzu, che riprende e sviluppa la trama di Picciridda, si racconta la migrazione dal punto di vista dei figli. Come mai?

Per andare all’essenziale, come fanno appunto i bambini, privi del cinismo, del disincanto e a volte della cattiveria che sopraggiungono con le esperienze della vita.

Nel libro si affronta il tema del lavoro minorile, quali sono i diritti negati ai bambini?

Non solo quelli indicati dalla giurisprudenza, ma anche quelli legati alla sfera emotiva. Qui racconto infanzie che non si sono potute permettere nemmeno il lusso di un sorriso, storie del passato, purtroppo attuali anche nel presente.

Come Rosso Malpelo di Verga, anche Ciatuzzu da un certo punto di vista è un incompreso, quali sono i suoi modelli letterari?

Tra le influenze c’è certamente Verga, come pure Pirandello. Quando scrivo, sento anch’io una grande fascinazione per le storie dei vinti, perché normalmente conosciamo il punto di vista di chi ce l’ha fatta, di chi i propri obiettivi è riuscito a raggiungerli. A me interessa indagare l’animo di chi una voce non l’ha potuta avere, come i nostri migranti, persone ai margini della società, alle quali non è stato riconosciuto il grande valore sociale, l’essere stati una grande risorsa per il Paese.

Nessuno ha appuntato medaglie sul loro petto, e ho voluto farlo io, a posteriori. Ho voluto portare alla luce le loro vicende, per ricordare che la storia è stata fatta anche da chi ha dovuto abbandonare tutto per costruirsi un futuro migliore altrove.

Sottotraccia nei ricordi di Ciatuzzu riemergono immagini di violenza domestica contro la madre, di cui il padre è morbosamente geloso. Quanto è rimasto di questa realtà familiare patriarcale nella Sicilia e, più in generale, nell'Italia di oggi?

Sono passati decenni dal 1960, gli anni in cui ambiento la vicenda di Ciatuzzu, ma ancora oggi, che ci sentiamo così moderni, così emancipati, alcuni uomini sono convinti che la donna sia un oggetto che gli appartiene, a loro disposizione, per farne ciò che vogliono. Per questo ho deciso di accogliere la proposta del Telefono Rosa di essere loro ambasciatrice quest’anno, incarico del quale sono onorata: voglio, anche nel mio piccolo, partecipare attivamente a quella che considero una vera e propria guerra perché questo tipo di uomini diventino una specie in via di estinzione, finché, come i dinosauri, non avremo la certezza che non esistono più.

Che rapporto ha con la morte?

Per molti anni ne sono stata ossessionata, ne avevo il terrore, stavo attenta a tutto. Poi, a maggio del 2018, sono stata operata per un tumore al seno. La malattia mi ha in qualche modo dato un senso di liberazione, e oggi che alla morte mi sono avvicinata, ci penso molto meno.

Una figura familiare importante per la sua crescita?

Mia nonna paterna, Catena D’Amore. Una femminista ante litteram, una donna forte, volitiva, che ha cresciuto da sola mio padre e i suoi tre fratelli quando è rimasta vedova di guerra, e che non si è mai lamentata, anzi, ha sempre rivendicato di non aver bisogno di un uomo accanto per gestire se stessa e la famiglia. È stata il mio faro. E poi, certo, mia madre, perché dalla figura materna non si può prescindere, perché è la vita stessa.


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 15 Febbraio 2023, 09:54
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