Roma, da Van Gogh a Guccione, da Doisneau a Leiter, l'arte indaga l'animo umano

Roma, da Van Gogh a Guccione, da Doisneau a Leiter, l'arte indaga l'animo umano

di Valeria Arnaldi

Gli anni olandesi. Il soggiorno parigino e quello ad Arles. Il ricovero a Saint-Rémy-de-Provence. E la fine della vita ad Auvers-sur-Oise. È un viaggio, anche emotivo, sulle orme dell’artista e dell’uomo quello proposto nella mostra “Van Gogh. Capolavori dal Kroller-Muller Museum”, prodotta da Arthemisia, realizzata in collaborazione con il museo di Otterlo, curata da MariaTeresa Benedetti e Francesca Villanti. che, fino al 26 marzo, riunirà a Palazzo Bonaparte cinquanta opere, provenienti dal museo dei Paesi Bassi che vanta uno dei più grandi patrimoni di lavori dell’artista. 

«Il Kroller-Muller Museum è stato per Helene Kroller-Muller l’opera di tutta una vita - spiega Lisette Pelsers, direttrice del Kroller-Muller Museum - Tra il 1907 e il 1939 acquistò insieme al marito Anton Kroller quasi 11.500 opere d’arte, creando così una delle più grandi collezioni private del Novecento. Helene sognava una “casa museo”, cioè un luogo in cui poter condividere con gli altri il suo amore per l’arte, e il suo sogno divenne realtà nel 1938, quando il Museo Kröller-Müller aprì i battenti. In seguito i successori lo hanno ampliato in diverse occasioni aggiungendo nuovi edifici e un grande giardino di sculture. La collezione è diventata una delle più prestigiose nell’ambito dell’arte moderna». 

Tronchi d'albero nell'erba

E così, ad aprire il percorso è proprio una sezione dedicata ad alcuni capolavori della collezione, tra cui Portrait of a young woman di Picasso, In the café di August Renoir e Atiti di Paul Gauguin. Da qui poi si apre il percorso dedicato a Van Gogh. Di opera in opera, a comporsi, in un iter cronologico che, dunque, indaga anche i mutamenti di orizzonte e spirito nel tempo, ad essere ripercorsa è la vita dell’artista, tra quotidianità e “vocazione” all’arte. Davanti agli occhi del visitatore sono più “anime” di Van Gogh ad essere esposte. C’è lo sguardo lucido, al contempo spiritualizzato e crudo, con cui realizza ritratti realistici del mondo di contadini, tessitori, boscaioli, donne che lavorano nei campi. È la “fatica” del vivere ad attrarlo. È quella che vuole portare in primo piano.

Donne che trasportano sacchi di carbone

E c'è l'emozione del colore. Alla fine di febbraio 1886 Van Gogh decide di trasferirsi e il nuovo scenario Parigi modifica il suo rapporto con il mondo e con l’arte. Qui pare vestire la sua tavolozza di luce. Ad Arles, il suo modo di intendere l’arte muta ancora. Al fratello Theo, il 18 agosto 1888, scrive: «Quanto ho appreso a Parigi svanisce, e io sto tornando alle idee che mi erano venute in campagna, prima di conoscere gli Impressionisti. […] Infatti, invece di cercare di riprodurre fedelmente ciò che ho davanti agli occhi, mi servo del colore in maniera più arbitraria, per esprimermi con maggiore forza». Van Gogh fa “musica” del colore, sogna sinfonie di tinte associabili a toni musicali, insegue la pennellata essenziale. E rappresentando la campagna, vuole dare corpo a una solarità d’animo prima ancora che d’orizzonte.

ll seminatore

A Saint-Rémy abbandona questa “generosità” cromatica per scegliere colori più moderati, ai quali riconosce una valenza terapeutica. Van Gogh dipinge, raccontando e non di rado indagando se stesso. Poi, Auvers-sur-Oise: qui, negli ultimi tre mesi di vita: ritrae persone vicine ma anche modelli occasionali, dipinge paesaggi e nature morte, quasi a voler portare con sé memoria di tutto o forse, più semplicemente, a voler lasciare quella del suo tratto.

Di sala in sala si va, dunque, dai toni cupi di Contadina che spigola, che, nel 1885, traducono in “ombra” gli sforzi quotidiani dell’uomo, all’Autoritratto del 1887, con lo sguardo inusitatamente fiero. E ancora, da Il seminatore, dell’anno seguente, dove il colore si fa vera esplosione, a Il giardino dell’ospedale a Saint-Rémy, del 1889, che si fa espressione del tumulto interiore, fino a Vecchio disperato, dove ogni luce pare ormai spenta, eseguito nell’anno della morte. Van Gogh “racconta” se stesso. In ogni sguardo, in ogni pennellata.

Autoritratto

Il colore si fa “orizzonte” anche nella mostra “Piero Guccione. Tra rigore e incanto”,  curata da Giovanna Mori in collaborazione con l’Archivio Piero Guccione, ospitata fino all’8 dicembre all’Istituto centrale per la grafica – Calcografia.

In mostra quindici opere grafiche, tra le quali anche alcune inedite, eseguite tra 1964 e 2007 dal maestro scomparso nel 2018.

Riflesso

Un tributo all'artista, ma anche un’occasione per ripercorrere la profonda amicizia che intercorse con lo scrittore Leonardo Sciascia, appassionato collezionista di grafica d’arte, con cui intrattenne una intensa corrispondenza finora inedita. Non a caso, la mostra rientra nella decima edizione del “Premio Leonardo Sciascia amateur d’estampes”, nato nel 1998 per iniziativa degli Amici di Leonardo Sciascia, d’intesa col Comune di Milano. «È per me motivo di piacere e di speranza - dice Maura Picciau, Direttrice dell’Istituto centrale per la grafica dal mese di luglio 2022 - poter inaugurare nell’avvio del nuovo percorso professionale una mostra di alto profilo, che raccoglie opere di artisti provenienti dai molti luoghi del mondo. È così che si avviano nuove felici relazioni culturali».

Cancello rosso

Il Premio, infatti, presenta una mostra, a cura di Rita Bernini, con Ilaria Savino, in cui si possono ammirare i lavori degli artisti che hanno preso parte a questa edizione - ventotto di diciassette paesi che hanno partecipato su invito - e ogni anno una esposizione-tributo, quest’anno dedicata, appunto, a Guccione, che vede nel percorso un’opera dell’Istituto stesso, una Marina, acquatinta in grande formato, del 1992. Così accanto ai lavori degli artisti del Premio, il segno di Guccione si fa “paesaggio” dell’anima. 

Attesa di partire

Ed è l’anima la grande protagonista della collezione di Florence e Damien Bachelot, celebrata in “Collection. 150 fotografie della collezione Bachelot”, esposizione  a cura di Sam Stourdzé, ospitata fino al 15 gennaio all’Accademia di Francia a Roma-Villa Medici, che si fa vero e proprio viaggio nella storia della fotografia, da quella cosiddetta umanista di inizio XX secolo alla street photography americana, fino ad arrivare al reportage moderno. Si va da Brassai a Diane Arbus, da Nan Goldin a Mitch Epstein, fino a Luigi Ghirri e oltre, esplorando decenni di storia e storie, emozioni, sguardi.

Brassai, La bande du grand Albert 1931–32

Ad essere immortalata è la tensione verso il domani, negli scatti del secondo dopoguerra di Édouard Boubat. E c’è anche una sorta di “Natività” laica, fotografata da Henri Cartier-Bresson.Il vedo-non-vedo di Willy Ronis trasforma la tenda - forse sarebbe meglio dire il sipario - che nasconde un bacio d’addio in un’ombra di nostalgia, già viva al presentimento del distacco, mentre Robert Doisneau fa trama compositiva quasi pittorica dei fiocchi di neve che imbiancano Parigi.  E così via. Dorothea Lange ferma l’istante della disperazione, in cui il dolore si fa “scultura”, nella foto volutamente mossa di una mano che sostiene la fronte. Vivian Maier lotta contro la propria solitudine, a colpi di immagini - le sue - riflesse nelle vetrine. Fino ad arrivare ai ritratti documentari di fotografi contemporanei come Luc Delahaye, Mohamed Bourouissa, Véronique Ellena e, con un focus ad hoc, Laura Henno.

Laura Henno, Fayal, Comores, 2017

Nel mezzo, a farsi mostra nella mostra, le immagini  di Saul Leiter - esposte circa quaranta stampe d’epoca - che ricerca momenti di vita quotidiana, rubandoli ai passanti che non mostra mai in volto.  Oggetto dei suoi scatti sono  mani che lavorano, persone addormentate, un piede poggiato stancamente sul sedile. Istanti, apparentemente senza peso che, rubati in un clic, si fanno narrazione dell’umanità. Tutta. È proprio quest’altronde il tema di collezione e mostra: l’essere umano, diviso tra le grandi altezze alle quali ambisce e le piccole miserie quotidiane. Insomma, tra materia e spirito.

Saul Leiter, “United, San Carlo Restaurant at 3rd Avenue and 10th Street”, 1950

Ultimo aggiornamento: Venerdì 7 Ottobre 2022, 18:27
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