Covid, in Lombardia un ricoverato su cinque è straniero. Ma i cinesi sono pochissimi: «Che fine hanno fatto?»

Covid, in Lombardia un ricoverato su cinque è straniero. Ma i cinesi sono pochissimi: «Che fine hanno fatto?»

«Che fine hanno fatto?». La domanda serpeggia in molti pronto soccorso, per esempio in quelli di due grandi ospedali di Milano che hanno rilevato un'assenza fra i pazienti che hanno inondato l'area Emergenza-urgenza in questi mesi di pandemia: «Mai visto un malato Covid cinese», dicono i camici bianchi interpellati. Un caso o è così in tutta la Regione? Lo raccontano i numeri, quelli dei positivi passati dagli ospedali della Lombardia nella prima e seconda ondata di Covid-19.

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Per quanto riguarda in particolare la seconda fase epidemica, gli stranieri rappresentano il 22% dei ricoverati con infezione da Sars-CoV-2 certificata da tampone in Lombardia dall'1 agosto in poi. Da peruviani (tanti) a gabonesi (1 singolo paziente), con le carte d'identità dei pazienti lombardi si fa il giro del mondo. E ci sono anche i cinesi, ma davvero pochissimi rispetto ai numeri della comunità residente in regione, oltre 71mila persone, sia nella prima che nella seconda fase dell'emergenza pandemica vissuta dal Paese.

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Complici i social che hanno fatto da cassa da risonanza, una delle domande più ricorrenti riguarda l'impatto di Covid-19 proprio fra le comunità originarie del gigante asiatico e residenti nel Paese. In Lombardia i pazienti della Repubblica popolare cinese risultati positivi dall'1 agosto fino a fine novembre risultano 621. Poco più del 4% di questi sono stati ricoverati, in tutto 27, che sul totale dei pazienti di ogni nazionalità - italiani compresi - finiti in ospedale dall'1 agosto pesa per ovviamente per una quantità infinitesimale, sotto lo 0%.

Sui positivi censiti finisce in ospedale il 2% degli italiani e meno dello 0,5% degli stranieri. Un dato spicca davvero, è quello dei peruviani. Sono la seconda comunità più colpita dopo gli italiani: su 3.862 positivi censiti 217 ricoverati (6%), per una comunità che conta in Lombardia secondo dati Istat circa 43.600 persone (i contagiati risultano quindi l'8,8% della comunità). Rispetto al totale dei ricoverati lombardi si parla del 3% e del 14,5% circa degli stranieri ospedalizzati in regione. Questa la fotografia che emerge dai dati che l'Adnkronos Salute ha avuto da fonti regionali.

Anche a livello nazionale risulta questo sbilanciamento e lo avevano osservato anche esperti come l'infettivologo dell'ospedale Niguarda di Milano, Massimo Puoti, secondo cui «andrà indagato forse se c'è anche una base genetica» per la suscettibilità a Covid-19. «Per esempio, anche guardando altre etnie come è possibile che i peruviani paghino un prezzo enorme alla malattia e altri no?», aveva fatto notare. Età media dei ricoverati: 47 anni per i peruviani, come quella dei cinesi e ben più bassa di quella degli italiani, 62anni.

L'accanimento di Covid-19 su questa comunità effettivamente stride rispetto al dato che riguarda i cinesi.

In valore assoluto dagli ultimi dati Istat i numeri più grossi in termini di presenza di residenti originari del gigante asiatico ce li ha proprio la Lombardia: oltre 71.400, appunto (5,9% degli stranieri). E Milano, la cui comunità cinese ha il nucleo più grande nella 'chinatown' di via Paolo Sarpi, conta oltre 42.500 persone. In Toscana, per avere un termine di paragone, sono meno di 59.200 i cinesi (nonostante la maxi concentrazione a Prato). In Lombardia, visti questi numeri, i contagi registrati sarebbero pari a meno dell'1% (0,87%) della popolazione con gli occhi a mandorla della regione.

I COMPLOTTISMI SUI CINESI IMMUNI Ad alimentare il 'mitò dell'Oriente immune (e anche complottismi di vario tipo) era stato anche il bassissimo numero di contagiati registrato altrove, per esempio fra i cinesi di Prato, che secondo notizie di stampa aveva sollecitato l'interesse della stessa Asl per comprendere le dinamiche alla base di questo apparente 'effetto scudò. Poi nei giorni scorsi si è aggiunto il caso Napoli: solo 5 positività registrate da ottobre in una comunità di 5.200 persone. Tanto che, secondo 'Il Mattino', la Guardia di Finanza avrebbe acceso un faro sull'ipotesi di uno «sbarco clandestino del vaccino cinese». Ma le spiegazioni possono essere tante e diverse e vanno da una popolazione più giovane a minori legami con altre comunità e con il tessuto sociale locale, fino al diverso rapporto con la sanità, al ricorso a proprie tradizioni mediche e minore inclinazione a sottoporsi al tampone.

Negli ospedali lombardi sono stati ricoverati dall'1 agosto a fine novembre 5.455 italiani e 1.518 stranieri positivi, per un totale di 6.973 persone. I cinesi ospedalizzati sono l'1,8% degli stranieri. E i contagiati del gigante asiatico sono meno dello 0,2% su circa 320.200 stranieri segnalati come positivi. Sì, perché un altro dato è che il totale degli stranieri contagiati è superiore a quello degli italiani, che rappresentano il 44% (248.170 persone circa), pur pesando per il 78% sul totale ricoverati. Sui positivi censiti finisce in ospedale il 2% degli italiani e meno dello 0,5% degli stranieri.

È disponibile anche un confronto con la prima ondata. In questo caso i dati sono relativi alle persone Covid positive che sono passate dagli ospedali (quindi anche pronto soccorso) e ovviamente i numeri di positivi sono più bassi, perché di gran lunga minore era il numero di tamponi eseguiti all'inizio. Fino all'1 agosto in Lombardia gli italiani censiti come positivi sono stati 79.953, e il 50% è passato dall'ospedale, cioè 39.691 persone (età media 68 anni). Il 91% dei positivi era italiano, il 9% straniero. E fra chi è finito in ospedale il 93% era nato nel nostro Paese, il 7% straniero. Ancora una volta i peruviani risultano la seconda voce in elenco (1.209 positivi e 443 passati dagli ospedali lombardi). I cinesi, pur più numerosi sul territorio, risultano 78 fra i positivi censiti e 55 fra i pazienti finiti in ospedale nella prima ondata. 


Ultimo aggiornamento: Giovedì 10 Dicembre 2020, 16:57
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