Il fenomeno, in queste proporzioni, si può dire che non si sia mai visto. Almeno nella storia recente del lavoro del Friuli Venezia Giulia. C’è un “esercito” di persone - si legge su Il Gazzettino - che nei primi mesi di quest’anno ha deciso di scrivere una lettera, indirizzarla al proprio datore di lavoro e mollare il proprio impiego. Così, di punto in bianco. Più di diecimila persone che hanno detto basta, lasciando anche contratti a tempo indeterminato in tutta la regione. Il tutto in un mercato del lavoro che si mostra particolarmente fluido, pronto a ricevere anche chi arriva dal cosiddetto “turnover” ma povero di risorse in altri settori.
LA DINAMICA
Il dato è trimestrale e più o meno combacia con la coda dell’emergenza pandemica giunta fino all’abolizione dello stato di emergenza. E si scoprirà poi come il Covid c’entri eccome con la volontà di tanti lavoratori di lasciare improvvisamente il proprio impiego. Nel dettaglio, secondo l’Osservatorio regionale sul mercato del lavoro, sono 12.333 i cittadini residenti in Friuli Venezia Giulia che hanno deciso - in questi primi tre mesi dell’anno di mollare la propria occupazione sicura per cambiare vita o semplicemente posto. E il dato che fa ancora più specie è quello che si ottiene dal confronto con la media dei tre anni precedenti. C’è da considerare anche un altro fattore: durante i due anni di pandemia (quelli più duri e segnati dalle chiusure) i licenziamenti erano ad esempio bloccati. Il raffronto però dà le dimensioni del fenomeno, perché l’accelerazione è stata repentina: in tre mesi sono state registrate dimissioni volontarie dal mondo del lavoro per un 45,6 per cento in più rispetto alla media del triennio precedente.
TIPOLOGIE
A cambiare sono perlopiù i lavoratori considerati giovani e adulti. Per capirci, non lascia il lavoro chi ha 50 o 60 anni. La media, infatti, oscilla tra i 25 e i 45 anni nella nostra regione. La ricerca del tempo libero, l’addio a una costrizione oraria, il recupero della sfera personale dopo il Covid e i lunghi lockdown, la ricerca di un mestiere magari meno faticoso oppure semplicemente la corsa a un’azienda che garantisca ancora il lavoro da casa o un sistema di welfare interno migliore.
PREOCCUPAZIONE
«Il fenomeno delle dimissioni - spiega William Pezzetta, segretario regionale della Cgil - ci preoccupa e dev’essere analizzato. Dobbiamo capire in che settore si concentrano i casi e non crediamo che si tratti solamente del desiderio di cambiare vita. È l’indicazione chiara di un malessere diffuso, che non possiamo sottovalutare assolutamente. Lo scopo degli ammortizzatori era proprio quello di evitare situazioni del genere».
Ultimo aggiornamento: Lunedì 16 Maggio 2022, 11:43
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