Val Comelico, De Bettin (Acn): «No alla chiusura della galleria. Settemila persone isolate e un terremoto sociale devastante»

«Secondo i nostri calcoli ci vorranno dai quattro ai cinque anni per finire i lavori, con un danno per il Pil locale di 200 milioni di euro»

Val Comelico, il grido d'allarme contro la chiusura della galleria. De Bettin (Acn): «Settemila persone isolate e un terremoto sociale devastante»

di Elena Gianturco

Crollo dell’economia, rischio ambientale e soprattutto 7mila persone isolate. E’ il grido d’allarme lanciato da comitati e associazioni della Val Comelico che da mesi insieme ai sindaci e all’Unione montana cercano di trovare soluzioni alternative alla chiusura per lavori della galleria Comelico. Intervento che isolerebbe un territorio che comprende 5 Comuni, incastonato tra le province di Udine e Bolzano. Ultimo avamposto veneto al confine con l’Austria. Il nodo della questione sono i lavori nella galleria di Comelico, unico collegamento tra la Valle e il resto della regione. 4,3 km di tunnel che verranno chiusi in primavera per iniziare lavori di ristrutturazione da 65 milioni di euro. Non per rischio crollo, ma per interventi di messa in sicurezza.

 

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745 giorni di cantiere attivo 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, secondo Anas, percorribile di giorno a senso unico alternato e chiuso al traffico di notte. L’accesso e il deflusso dalla valle verrebbe così, per due anni, regolato da un impianto semaforico «ad intervalli di due ore con conseguenti code di traffico che si formerebbero in entrambe le direzioni - spiega Francesco De Bettin presidente dell’Associazione Comelico Nuovo, che ha raccolto 3.500 adesioni in meno di tre settimane -. Una colonna di auto che in inverno, ma anche in autunno, a motori accesi genererà un inquinamento atmosferico mostruoso. Oltre che un disagio importante alle attività del territorio».

Per De Bettin, si tratta di un terremoto sociale devastante per il territorio: dagli studenti costretti a trasferirsi, alle difficoltà per i soccorsi di raggiungere l’area. Ma anche di ingenti danni all’economia locale: una perdita per le attività di 40 milioni l’anno. «Secondo i nostri calcoli - spiega De Bettin, presidente di Dba Group spa, l’azienda presente in Comelico con la sede storica operativa di Santo Stefano e specializzata nell’erogazione di servizi di consulenza, architettura, ingegneria, project management e tecnologie dell’informazione e della comunicazione. - ci vorranno dai quattro ai cinque anni per finire i lavori, con un danno per il Pil locale di 200 milioni di euro.

Cioè quanto costerebbe realizzare una seconda galleria parallela a quella esistente, come propone il Comitato galleria Comelico bis. Un’opera, che con la supervisione di un commissario potrebbe essere realizzata in due anni e mezzo, tre. E che inoltre metterebbe a norma una delle gallerie più lunghe d’Italia senza vie di fuga in caso d’incidente».

Per la seconda canna del tunnel però al momento non ci sono fondi e anche la messa in sicurezza di un’altra strada di collegamento, quella della valle vecchia, costerebbe troppi soldi e troppo tempo. «Credo che investire 200milioni, ovvero quanto costerebbe il secondo tunnel, per 6.884 abitanti non sia un buon affare. Comprensibile se però non si considera che la galleria può rappresentare un elemento di continuità per una viabilità su larga scala, per collegare il bacino turistico del veneto con il bacino turistico dell Austria e della Baviera».

Insieme ai sindaci e all’Unione montana sta così procedendo la battaglia per salvare il territorio dalla chiusura. Una protesta «non negoziabile», riempita inoltre di contenuti costruttivi. «Entro fine anno - aggiunge De Bettin - presenteremo agli amministratori un manifesto di proposte per lo sviluppo socio economico dell’area che manca da 40 anni». Il problema della galleria ha portato infatti alla rinascita dell’orgoglio di una popolazione che vive nella Val Comelico dal 900 dopo Cristo e certo non è disposta a lasciarla morire. Nessun atto di forza assicura il presidente dell’Associazione Comelico Nuovo. «Non vogliamo diventare una seconda Val di Susa: escludo che la mia associazione faccia sit in davanti alle ruspe. Se ci chiudono moriremo con dignità», conclude De Bettin.


Ultimo aggiornamento: Lunedì 14 Febbraio 2022, 17:21
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