L'Italia è il sesto Paese maggiormente a rischio di povertà d'Europa (27,3%), dopo Bulgaria (32,8%), Romania (32,5%), Grecia (31,8%), Lettonia (28,4%) e Lituania (28,3%), davanti alla Spagna (26,1%) che è settima. All'interno del nostro Paese forti le differenze tra Nord e Su. Nelle regioni di Sud e Isole l'incidenza della povertà assoluta sugli individui raggiunge rispettivamente l'11,1% e il 12,0% a fronte di valori molto più contenuti registrati nel Centro (6,6%) e nel Nord (6,8%).
La novità registrata nel 2018 è che tendono ancora ad aumentare i cosiddetti "working poor".
In particolare cresce la situazione di criticità delle famiglie il cui "capofamiglia" è impiegato come operaio o assimilato; tra loro risulta povero in termini assoluti il 12,3% del totale. Colpisce e allarma il confronto tra la situazione delle famiglie di operai di oggi con quella antecedente al 2008: tra loro, in soli dieci anni, l'incidenza della povertà in soli dieci anni, l'incidenza della povertà assoluta è aumentata del 624% (passando dall' 1,7% del 2007 al 12,3% di oggi).
E non basta il reddito di cittadinanza che sicuramente prevede importi molto più sostanziosi del Rei ma vi sono degli sfavoriti: i nuclei con 5 e più componenti e i nuclei con figli minori che ricevono un aumento meno che proporzionale tanto che i singoli ricevono un contributo superiore della soglia di povertà, mentre le famiglie con 4 e più ricevono un importo sempre inferiore alla soglia di povertà. Anche perché la platea è molto più vasta anche se sono esclusi gli 87.000 nuclei di stranieri extra Ue che sono stati tagliati fuori dal criterio della residenza 10 anni e i senza dimora, i restanti poveri assoluti che non rispettano i criteri di residenza e quelli che non rispettano quelli di reddito e patrimonio.
Ultimo aggiornamento: Sabato 16 Novembre 2019, 18:14
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