Matteo Berrettini, il fenomeno che vince anche quando perde. Ma la residenza a Montecarlo divide il web

Matteo Berrettini, il fenomeno che vince anche quando perde. Ma la residenza a Montecarlo divide il web

di Stefania Cigarini

Con quella faccia un po’ così, quell’espressione un po’ così di chi è andato a Wimbledon, ha perso, ma risulta il vero vincitore. I media internazionali - per tacere dei social che vanno dai casti complimenti al commento pornografico - celebrano Berrettini più dell’impeccabile/implacabile Djokovic

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Bello come un dio greco (e lo sa, non è una prerogativa femminile), bravo come il tennista italiano che è arrivato alla finale del tournament internazionale di tennis per eccellenza dopo 23 anni (sa anche questo), mammone quanto basta per far innamorare metà del globo terracqueo, pesci compresi (ps: le goccine omeopatiche della mamma? Chiedo per un’amica), insomma Berrettini.

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Una summa dell’italianità concentrata in un unico David di Donatello, capace di ammaliare anche il team azzurro che l’ha adottato e portato con sé sul pullman del trionfo-tributo successivo agli Europei di calcio. Ha detto a Djokovic: «Ci rivedremo presto», specificando che non è una minaccia, ovvero lo è, e il serbo sa che i primi della classe non sono mai i più simpatici, e dopo venti vittorie Slam i fuoriclasse come lui si avviano alla categoria, già descritta, dei “dinosauri”, possenti, ma in estinzione. 


Berrettini è riuscito in una impresa (quasi) tipicamente italiana, perdere vincendo: si parlerà negli anni del suo tweener (tiro acrobatico sotto la gamba) nel secondo set, ma anche il suo discorso sul court spelacchiato di Wimbledon ha eclissato ogni cosa. Ha detto che, imparando dai grandi (Nole), questa sconfitta “è solo l’inizio” di una nuova, potente carriera futura.

L’ha battuto, per naïveté, solo Donnarumma che ha candidamente ammesso di non aver capito una cippalippa quando ha parato il rigore che ha regalato all’Italia la Brexit-vittoria agli Europei ... cuccioloni (di un metro e novanta passa).

Al Quirinale, ricevuto insieme agli Azzurri, e grazie ad un completo sartoriale blu monopetto (non chiaro e alla coreana come il team di calcio) Berrettini è sembrato - per leadership innata - più un giovanissimo aspirante al soglio presidenziale (servono 50 anni, ne ha solo 25 unfortunately), l’hanno candidato in molti, anche se gli onnipresenti social lo accreditano più come papabile nuovo duca di Bridgerton, alla faccia del pur pregevole Regé-Jean Page.

Nè l’uno, nè l’altro, Berrettini continuerà ad essere il fenomeno casalingo che è, accompagnato da mamma e papà, affiancato dal fratello Jacopo che lo sostiene in giro per il mondo come se stessero ancora a fare palleggi nel cortile di casa.

Come Totti e altri fenomeni dichiara di non credere di essere un fenomeno e descrive il lockdown con la fidanzata Ajla come lo tratteggerebbe chiunque di noi: ha scoperto che alla convivenza forzata (aka matrimonio) - tra litigi e riappacificazioni, zuffe e tentativi di costruire insieme - si può, incredibilmente, sopravvivere. 


Il suo unico neo si chiama Montecarlo, la residenza fiscale, per la quale molti si chiedono - è accaduto per Valentino Rossi e molti altri campioni azzurrissimi - come mai uno che paga (meno, molte meno) tasse altrove possa essere ricevuto al Quirinale, poi dal premier Draghi - «Ci avete messo al centro dell’Europa, come dimostrano i messaggi di ringraziamento arrivati anche a me in queste ore» - entrambi sintesi di una Italia dove, si presume, baby Berrettini abbia frequentato asili, scuole e fruito di una sanità pubblica (quasi) gratuita. Un salto nel tempo (legale), una inspiegabile caratteristica italiana come la non pronosticabile vittoria agli Europei della Nazionale di calcio e la sconfitta-trionfo di Berrettini a Wimbledon.
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Ultimo aggiornamento: Giovedì 15 Luglio 2021, 13:01