Lavapiatti, in Italia no. Ma a Londra è chic. Ogni anno 150 mila giovani vanno all'estero e accettano lavori umili
di Lorena Loiacono
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Negli ultimi 10 anni, secondo dati Istat, gli emigrati italiani sono passati dai 36mila del 2007 ai quasi 120mila del 2016: un fenomeno triplicato. Sono circa 81mila gli italiani adulti che si sono cancellati dall'anagrafe nel 2016 e la maggior parte ha tra i 25 e i 39 anni: circa 38mila persone. E uno su tre, il 28,5%, ha una laurea.
Secondo il centro di ricerche Idos, il numero andrebbe moltiplicato due volte e mezzo: circa 300mila persone. Spiega Maurizio Ambrosini, docente di sociologia all'Università Statale di Milano ed esperto della Fondazione Ismu: «Il migrante subisce da sempre una discesa sociale, come accade ad esempio in Italia con i fornai egiziani spesso laureati. In un Paese straniero si accettano lavori non adeguati al livello di istruzione perché c'è l'aspettativa di far carriera. Accade che il giovane laureato vada a fare il barista a Londra, accettando di vivere in affitto in stanze sovraffollate ma non lo farebbe mai nella provincia italiana o che vada a scaricare cassette di pesce in Australia, aderendo a progetti specifici che gli permettono di restare lì per un anno. Nel frattempo si fa esperienza e si spera di trovare lavori qualificati. Qualcosa come 150mila persone l'anno, quindi. Gli stipendi? Sono più alti rispetto a quelli italiani, soprattutto nel Regno Unito, ma poi la vita costa di più. Quindi l'unico vantaggio, ancora una volta, è l'apprendimento della lingua e la possibilità di far carriera. Un aspetto da non sottovalutare, visto che in Italia non c'è».
Conferma tutto Gino Sorbillo, maestro pizzaiolo napoletano che vanta 3 spicchi del Gambero Rosso, 5 pizzerie a Napoli, 4 a Milano, 2 a New York, una a Roma entro ottobre e una a Miami entro l'anno: «I lavapiatti italiani esistono solo all'estero. Se fai il lavapiatti nella tua città, ti vergogni. Sei lo fai a Londra sei pop. Ma non lo capisco, davvero: io ho iniziato con i lavori più umili nella mia città e oggi, grazie a quelle esperienze, posso dire che so stare in una pizzeria a tutto tondo: ho iniziato pulendo i tavoli, facendo il banconista. Ma ho il mio metodo per evitare facili rigurgiti di nostalgia di casa. Così prima li mando a Milano: se reggono lì, poi li lascio andare anche a New York».
Ultimo aggiornamento: Lunedì 17 Settembre 2018, 19:58
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