Appello choc al presidente Napolitano: «In carcere non è vita, concedetemi la pena di morte»

Appello choc al presidente Napolitano: «In carcere non è vita, concedetemi la pena di morte»
Un appello al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per chiedere di poter morire.



A chiederlo in una lettera indirizzata al capo dello Stato è Vincenzo Di Sarno, detenuto a Poggioreale, malato di tumore, e attualmente recluso nel padiglione San Paolo.



Vincenzo di Sarno ha 34 anni, è entrato in carcere che pesava 115 kg e attualmente ne pesa 54 e già nell'ottobre scorso aveva scritto una lettera al capo dello Stato, con la richiesta di ottenere la grazia per poter andare in una clinica in Svizzera. Il caso, insieme a quello di Angelo Rosciano, detenuto diabetico e con gravi problemi di salute, con un arto amputato, sulla sedia a rotelle e semicieco, è al centro della lotta dei Radicali in Campania.



«Soltanto dopo la nostra mobilitazione Vincenzo Di Sarno è stato trasferito dal padiglione Avellino al centro clinico del padiglione San Paolo di Poggioreale - spiega Donato Salzano, segretario Radicali di Salerno - ha scritto una lettera al presidente Napolitano, in cui spiegava che non riusciva a vivere più, era in fin di vita, con una malattia terminale, e sopravviveva in condizioni che definire umane sarebbe un eufemismo. Da Napolitano non c'è stata nessuna risposta e oggi quella richiesta è stata reiterata».



A farsi portavoce dell'appello di Di Sarno è stata la madre, Maria Cacace. «Illustrissimo signor Presidente - si legge nell'appello - faccio appello a lei perchè oramai sono allo stremo delle forze, sia fisiche che mentali e che, se potessi, sceglierei la pena di morte: intramuscolo/endovena, oppure essere inviato in qualche clinica svizzera ad effettuare l'eutanasia. Egregio Signor Presidente: mi indichi lei quale di queste due strade debbo intraprendere. Nell'attesa di un benevolo accoglimento, le porgo i miei più doverosi ossequi».



Nella lettera, scritta il 28 ottobre 2013, Di Sarno paragona la sua situazione a «un inferno» e spiega che «sopravvivere così come fossimo bestie (loro godono di più attenzioni) in una struttura piena zeppa di barriere architettoniche e, durante la giornata, a causa di forti dolori retro-nucali devo obbligatoriamente indossare un fastidioso collare cervicale rigido, anche per mancanza di cure adeguate alla grave patologia da me indicatole».



«Adesso le chiedo: può un essere vivente campare in questo modo?! - prosegue - Dato che la malattia è neurodegenerativa e che nel giro di un anno o poco più ho perso circa 60 chili, perchè tanta malvagità e disprezzo verso di me? E questo tipo di popolazione sempre più numerosa?! Ma anche da parte del carcere di Poggioreale nei confronti di una persona con estrema fragilità psicologica, ma anche perchè per loro, oggi come ieri e domani, è sempre uguale! Bah, comunque so solo che la testa mi scoppia, la depressione è all'ordine del giorno e che neppure più gli occhi per piangere mi sono rimasti, in questo orribile e dolente carcere».






Adriana Tocco, garante dei detenuti della Campania racconta: «Ci siamo mossi moltissimo per Vincenzo Di Sarno, già durante il processo d'appello chiedemmo al magistrato del giudizio una misura alternativa al carcere, ma lui non ne volle sapere. Di Sarno era già malato. Il presidente della Repubblica lo incontrò a settembre scorso durante la visita al carcere e gli disse faremo qualcosa per te. In quell'occasione fu una suora a spiegare il caso al capo dello Stato. Dopo un mese Di Sarno inviò al presidente una richiesta di grazia».



«Il presidente della Repubblica ha fatto partire la richiesta di istruttoria al ministero della Giustizia, di questo ho avuto notizia, ma fino a Natale al Quirinale non era ancora arrivata l'istruttoria - racconta il garante - Ora non ci resta che chiedere la sospensione della pena al magistrato di sorveglianza. Purtroppo queste procedure non sono brevi».




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Ultimo aggiornamento: Sabato 11 Marzo 2023, 21:04