IL PAPA: "LA CHIESA DEVE CAMMINARE".
E PAGA IL CONTO IN ALBERGO -FOTO/VIDEO

IL PAPA: "LA CHIESA DEVE CAMMINARE". E PAGA IL CONTO IN ALBERGO

di Marco Pasciuti
ROMA -Quando mercoled sera monsignor Guido Marini, Maestro delle Celebrazioni liturgiche, ha provato a mettergli al collo la mozzetta rossa sopra la veste bianca, Jorge Mario Bergoglio avrebbe risposto: Questa la metta lei. Anche la croce d’oro è rimasta sul tavolo: per presentarsi al suo popolo e diventare Francesco, ha tenuto addosso quella di vescovo. Soltanto gesti, forse, ma simboli forti dell’impronta che il nuovo capo della Chiesa di Roma pare voler imprimere sul proprio pontificato.

Ventiquattro ore da Papa e una miriade di gesti nuovi, da interpretare. Il primo, subito dopo l’affaccio a San Pietro: L'auto di ordinanza, la Scv1 che era arrivata per portarlo a Santa Marta, se ne torna in garage perché il pontefice sale sul pulmino con gli altri cardinali. La prima giornata di monsignor Bergoglio nelle vesti di Francesco comincia di buon mattino. Sveglia molto presto e alle 8 è già a Santa Maria Maggiore per pregare la Madonna Salus Populi Romani. Arriva senza corteo, con un'auto della gendarmeria. Pare che abbia chiesto, ma invano, di lasciare la Chiesa aperta ai fedeli. Prega, invita i confessori ad avere «misericordia delle anime» e all’uscita benedice una mamma incinta e saluta una scolaresca. Poi, come una qualsiasi persona che cambia residenza, va a fare le valige alla Casa del Clero, in via della Scrofa, dove era stato prima del trasferimento a Santa Marta. Saluta il personale e salda il conto.

Il secondo momento di solennità della nuova era arriva alle 17,00 nella messa alla Sistina con i cardinali elettori. La prima omelia Francesco la pronuncia a braccio, il Vangelo che commenta è quello del Primato di Pietro: «Quando camminiamo senza la croce siamo mondani. Possiamo essere vescovi, preti, cardinali ma non suoi discepoli». E colpisce subito nel segno dal punto di vista mediatico: «Se non professiamo Gesù diventiamo una ong», è il cuore del suo discorso. Il tono è pacato ma fermo, il linguaggio moderno ed efficace prefigura un pontefice comunicatore, che fin dai primi momenti dalla elezione, ha voluto parlare in maniera nuova al suo popolo. L’italiano è buono ma non perfetto, ovviamente. Le pietre del Vangelo di Matteo diventano «petre», proclamare è tradotto in «confessare». Quando parla del rischio di diventare una ong usa il termine «pietosa», che fa saltare sulla sedia i giornalisti stranieri. Ma è evidente che sta per «caritatevole», non per penosa.

Nei primi gesti Francesco ha confermato la impressione di semplicità che ha trasmesso mercoledì sera, affacciato alla Loggia. Solo simboli, si dirà, questione di marketing. Forse. Ma gesti che tracciano una cesura con il passato, anche con il papato di Joseph Ratzinger. Un messaggio ai fedeli: il papato di Francesco - sembra essere la promessa - cercherà di mantenersi lontano dai Vatileaks, di far sì che le conflittualità della curia non finiscano per riverberarsi sull’intera Chiesa, di diradare le ombre che pendono sullo Ior.

Martedì il primo appuntamento internazionale: i potenti della Terra saranno a San Pietro per la grande messa di inaugurazione del pontificato, da Dilma Roussef, capo di Stato brasiliana a Joe Biden, vicepresidente degli Usa. Significativo l’invito rivolto al rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni. Cui Francesco ha inviato uno dei primi messaggi ufficiali del suo pontificato. Un altro segno dei tempi che cambiano.




















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Ultimo aggiornamento: Venerdì 15 Marzo 2013, 06:57
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