ALEX SCHWAZER SQUALIFICATO PER DOPING. "VOLEVO ESSERE PIÙ FORTE, HO SBAGLIATO"

ALEX SCHWAZER SQUALIFICATO PER DOPING. "VOLEVO ESSERE PIÙ FORTE, HO SBAGLIATO"
ROMA - Favola addio. Poteva essere l'ultima faccia da podio, come era successo quattro anni fa a Pechino. È la cartolina più brutta per l'atletica Italiana ai Giochi. Il doping fa irruzione nella spedizione azzurra a Londra e travolge Alex Schwazer, uno dei nomi più illustri della squadra: il campione olimpico della marcia sabato non sarà al via della 50 km in cui aveva trionfato nel 2008. È stato il Coni a escluderlo ancora prima che sbarcasse a Londra. Lo ha trovato positivo l'agenzia mondiale. Epo, la sostanza vietata, e addio Olimpiadi e gloria.

«Ho sbagliato, la mia carriera è finita» le parole del marciatore, che si assume ogni responsabilità. È la parabola più triste di un campione, lui, il 'fidanzato' d'Italia, il ragazzo dalla faccia pulita, nato a Vipiteno 27 anni anni fa, passato alla ribalta delle cronache non solo per le imprese sportive ma anche per la storia d'amore con un'altra bella dello sport, la pattinatrice sul ghiaccio Carolina Kostner, finito inghiottito dal buco nero del doping.

Si era già defilato, e la rinuncia era apparsa strana, dalla gara più corta, la 20 km a cui era iscritto. Un forfait legato a un raffreddore: il 30 luglio però, si scopre ora, Schwazer non aveva superato un test in Germania, ad Oberstdorf, dove si stava preparando per i Giochi. In un pomeriggio convulso e grigio, per una volta quasi più del cielo londinese, che pure era stato illuminato da tre medaglie azzurre, l'esclusione di Schwazer piomba come una tegola sull'Italia olimpica.

«Sono io il fermato per doping» ha confessato l'atleta telefonando al suo allenatore, l'ex marciatore Michele Didoni quando a Londra la notizia dell'esclusione Coni di un atleta positivo al doping era già emersa. Poi, l'ammissione diretta dell'olimpionico di Pechino. «Non chiedetemi come sto, ho sbagliato - le sue parole all'ANSA - Volevo essere più forte per questa Olimpiade, ho sbagliato. La mia carriera è finita qui. Ho fatto tutto da solo e di testa mia e dunque mi assumo tutte le responsabilità per quello che è successo».

L'immagine dell'atleta dopato, che ricorre all'epo per affrontare la fatica estrema di una marcia lunga 50 km, cozza con quella che Schwazer in questi anni ha dato di sè: lui cresciuto tra i monti, abituato a correre tra boschi di larici, la casa con i terrazzi di legno ricoperti di gerani rossi, la macchina gialla di papà Josef, il pranzo sempre pronto di mamma Maria Luisa, che oggi però ha rischiato di finire al pronto soccorso per la tensione. La favola da 'Mulino bianco', buona anche per prestare il volto alla tv.

Ma è sparita, di colpo, insieme alla gloria di un oro vinto nell'afa pechinese. «In molti mi chiedono come ci si prepara ai Giochi Olimpici - scriveva Alex - semplice, allenandosi, allenandosi e allenandosi ancora». Evidentemente mentiva. Così come quando raccontava di «impegno, fatica, sacrificio e passione» come compagni di viaggio quotidiani, insieme ai boschi. A favorire quella fatica c'era anche l'eritropoietina, la sostanza che aumenta la capacità aerobica del sangue.

«Delusa» la federatletica che condivide in pieno la scelta del Coni di stoppare l'atleta. «Sul doping non si fanno sconti» fa sapere. Amareggiato e infuriato Didoni, che si sente tradito dal campione: «Non ho neppure voluto chiedergli perchè l'ha fatto: non ci sono giustificazioni. A 28 anni si è uomini, non più ragazzi. Alex deve crescere e cambiare vita». Adesso è chiuso nel suo mondo, ricordando la favola che non c'è più.



L'AMMISSIONE DI ALEX: "LA MIA CARRIERA E' FINITA" «Mi hanno beccato, il fermato per doping sono io». L'ultima corsa è una marcia al contrario e Alex Schwazer nel giorno più triste della sua carriera, e forse della vita, non ha cercato scuse. «Ho sbagliato, la mia carriera è finita qui» dice il campione di Vipiteno, oro a Pechino, polvere a Londra. Un'ammissione totale, nessuna scappatoia, nessun alibi di fantasia per giustificare quella presenza vietata nel suo sangue. Ha preferito dire la verità, cosa rara quando un atleta viene trovato positivo. «Ho fatto tutto da solo e di testa mia - prosegue ancora Schwazer - e dunque mi assumo tutte le responsabilità per quello che è successo».

Inevitabile l'uscita di scena e non solo a Londra, dove è stato il Coni a non farlo nemmeno atterrare. «La mia vita nell'atletica è finita» precisa l'atleta. E prima di raccontare il suo dramma («Come volete che stia. . » si limita a dire parlando della sua condizione) aveva chiamato il tecnico, l'ex marciatore Michele Didoni. «Devo darti una brutta notizia - le parole dell'altoatesino - il fermato per doping sono io». «Meglio che non mi chieda come sto, ho sbagliato. . . - ripete Schwazer che nell'arco di un pomeriggio si è visto crollare il mondo addosso - Volevo essere più forte per questa Olimpiade, ho sbagliato».

La Fidal prende le distanze, perchè sul doping non si fanno sconti: il Coni infatti non ammette errori e nell'amarezza del momento sottolinea che è meglio una medaglia in meno e pulizia in più. «Ho vinto perchè me lo merito, in queste condizioni non mi batte nemmeno Superman. Io sono uno che non imbroglia» aveva detto con il tricolore sulle spalle dopo l'oro Pechino. Quattro anni e la marcia finisce qui.



SECONDO CASO DI DOPING ALLE OLIMPIADI - La notizia dell'atleta italiano Schwazer escluso per doping segue di poche ore il primo caso di positività alle Olimpiadi di Londra 2012, quello del judoka statunitense Nicholas Delpopolo.
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Ultimo aggiornamento: Lunedì 6 Agosto 2012, 21:48
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