Salvare il sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia escludendo (temporaneamente) dal suo campo di applicazione le forniture di greggio via oleodotto, pari a quasi un terzo del totale che arriva in Europa. È la soluzione di compromesso escogitata dall’Ue, insieme a un bottino di aiuti contenuti nel piano “RePowerEU” per modernizzare l’industria petrolifera nazionale, per superare il no dell’Ungheria di Viktor Orbán che ha finora bloccato lo stop all’oro nero russo a partire da fine anno. E arrivare così non a mani vuote, ma perlomeno con un’intesa dimezzata, al Vertice dei leader che inizia domani pomeriggio a Bruxelles.
L’IPOTESI
Sull’ipotesi stanno lavorando in queste ore i tecnici della Commissione e gli sherpa dei governi, dopo gli incontri per gruppi ristretti di Stati membri di venerdì. Ancora un fine settimana di negoziati per trovare la quadra, insomma, con i rappresentanti permanenti dei Ventisette che tornano a riunirsi oggi per preparare gli ultimi dettagli in vista del summit, insieme al testo di massima delle conclusioni su cui negozieranno i capi di Stato e di governo, mentre l’esecutivo Ue ha abbozzato una nuova bozza del lotto di restrizioni. L’ennesima, a quasi un mese esatto da quando Ursula von der Leyen aveva presentato nel dettaglio il sesto pacchetto di sanzioni, per cui serve l’unanimità dei Ventisette. «Non sarà facile», aveva ammesso allora la presidente della Commissione; una profezia che si è avverata nel lungo tira-e-molla di maggio, con l’Ungheria dipendente dai flussi attraverso l’oleodotto di epoca sovietica Druzhba che si è finora opposta al via libera, citando timori «per la sicurezza energetica nazionale», visto che il Paese non ha sbocco sul mare e non può ricevere i carichi via nave.
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Certo, il compromesso è sensibilmente al ribasso rispetto alla proposta iniziale, che ha via via perso parte del suo smalto. Nella versione originale, ad esempio, includeva anche il divieto per le compagnie di navigazione Ue di trasportare il petrolio russo verso Paesi terzi, nel frattempo saltato su pressione in particolare della Grecia. Negli ultimi giorni, tuttavia, il lavoro diplomatico è ripreso a pieno ritmo, nonostante la richiesta di Budapest di sottrarre il tema dalle discussioni del Vertice e lo scetticismo di von der Leyen, che da Davos aveva escluso la prospettiva di un accordo politico ad alto livello.
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La carta della realpolitik e la determinazione a mettere a segno un punto a favore di Bruxelles, però, potrebbero adesso prevalere.
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I PAGAMENTI
Il compromesso punta a mettere in salvo le altre componenti del sesto pacchetto che nulla hanno a che vedere col petrolio, in particolare le nuove restrizioni contro l’élite russa, tra cui il patriarca Kirill, e lo scollegamento di Sberbank e altre due banche dal sistema di messaggistica per i pagamenti internazionali Swift. Fra i negoziatori, però, c’è chi ha quasi perso la pazienza nell’infinita ricerca dell’unanimità che tiene in ostaggio la politica estera Ue. Anche perché - a voler essere pragmatici - per superarla non servirebbe una riforma dell’Ue, ma la volontà di attivare una clausola già prevista dai Trattati. All’unanimità, naturalmente.
Ultimo aggiornamento: Domenica 29 Maggio 2022, 19:18
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