Manovra da 38 miliardi: addio pareggio di bilancio
di Luca Cifoni
PUNTO DI PARTENZA
Il punto di partenza è una revisione verso il basso delle attuali stime di crescita, che parte già dal 2018 (per il quale si ipotizza un +1,2% invece dell'1,5) e prosegue poi negli anni successivi. Per il 2019 è previsto un aumento tendenziale del prodotto dello 0,9 per cento, destinato a toccare l'1,1 nei due anni successivi. Su questo andamento si innesterebbe però l'azione dell'esecutivo, che punta a dare una forte sferzata per raggiungere l'1,5%il prossimo anno e l'1,6 nel 2020. La spinta arriverebbe dalle misure messe in cantiere con la manovra. Il semplice disinnesco delle clausole di salvaguardia che prevedono un aumento dell'Iva - per quanto già annunciato politicamente - avrà un effetto favorevole sui consumi e quindi anche sul prodotto, pari allo 0,2 per cento. Le misure espansive, ovvero i maggiori investimenti, la flat tax per le piccole imprese ma anche l'impulso agli acquisti ed alla competitività provenienti da reddito di cittadinanza e revisione della legge Fornero darebbero un contributo pari a ben lo 0,7% del Pil. Infine dalle coperture - tagli e aumenti di imposta - verrebbe un impatto negativo dello 0,4. L'effetto netto per il 2019 è quindi pari allo 0,6. Per aiutare i Comuni a investire è prevista l'abolizione del Patto di stabilità interno. Per deficit e debito in rapporto al Pil è confermato un percorso decrescente nel prossimo triennio: il debito si fermerebbe però al 126,7% del prodotto, valore che non rispetta la regola europea.
IL DETTAGLIO
Il dettaglio degli interventi in programma è stato specificato ieri sera in una nota di Palazzo Chigi. Sarà di almeno 16 miliardi la dote complessiva delle due misure principali, ovvero reddito di cittadinanza e revisione della legge Fornero (rispettivamente valgono 9 e 7 miliardi). Ci sono poi gli altri provvedimenti: riforma dei centri per l'impiego (1 miliardo) allargamento della flat tax per le partite Iva (2 miliardi) assunzioni straordinarie per le forze dell'ordine (1 miliardo) e fondo per i risparmiatori truffati dalle banche (1,5 miliardi). Siamo così a 21,5 miliardi, ai quali vanno aggiunti i 12,5 necessari per evitare che dal prossimo primo gennaio vadano entrino in vigore i previsti aumenti dell'Iva. Con i 3-4 miliardi di investimenti aggiuntivi programmati da Tria si lambiscono i 38 miliardi. Circa 22 deriveranno dal punto di vista contabile dallo slittamento del deficit dall'1,2 (tendenziale) 2,4% del Pil. Gli altri 16 in parte provengono dalla cancellazione di misure esistenti (reddito di inclusione, agevolazioni per le imprese quali Ace e Iri) in parte andranno effettivamente trovati sul fronte dei tagli (circa 3 miliardi) e della revisione delle detrazioni fiscali e dei regimi di favore. Possibile anche una stretta sugli acconti d'imposta.
Ultimo aggiornamento: Venerdì 5 Ottobre 2018, 12:48
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