Daniel Canzian, lo chef: «Basta gusti stranieri, viva la cucina italiana»
di Rita Vecchio
In che senso?
«L'intuito è un passaggio naturale per poi evolversi e far fare al piatto il salto, aggiungendo la tecnica e la leggerezza».
Di intuito è tutta la cucina italiana?
«Assolutamente sì. L'Italia è la patria del convivio e della famiglia. Legata alle tradizioni e alla cucina della nonna. E dovrebbe puntare di più alla regionalizzazione».
Cioè?
«Il futuro è attualizzare il regionalismo italiano, andando oltre la globalizzazione e non scimmiottando le altre culture. Dovremmo essere più patrioti. Oggi l'italiano va più al ristorante giapponese, che a quello italiano».
Come è la sua cucina?
«Contemporanea, intelligente - cioè non scelgo ingredienti a caso - e stagionale».
Quando ha iniziato?
«Fare il cuoco per me è stato un passaggio scontato. I miei avevano un locale e fin da piccolo stavo più al ristorante che a casa. Per questo ho un rapporto così intimo con il mio ristorante: rappresenta me e voglio una dimensione famigliare per chi viene a trovarmi che non sia fredda e impettita. Voglio che la gente si senta a casa. Ecco perché l'ho chiamato con il mio nome, Daniel».
Chi va a fare la spesa?
«Io. Ho bisogno di camminare in mezzo alla gente. Il mercato va vissuto con il contatto diretto con la materia prima».
Come è arrivato a Gualtiero Marchesi?
«Quando ho scoperto la cucina stellata».
Racconti.
«Quindi non vuoi più cucinare, e hai deciso di fare cucina?. È la frase che il signor Marchesi mi disse la prima volta che andai da lui. Il significato era sottile, ma tradotto significava elevare la cucina ad arte».
E lei cosa rispose?
«Sì, mi sta bene. Lui mi ha dato tutto: l'addestramento al bello, l'importanza del contenitore al pari del contenuto, il suo modo di pensare».
Come lo ricorda?
«Nei miei piatti: il risotto al limone, sugo d'arrosto e liquirizia. Il minestrone con verdure croccanti».
Che cuoco si sente?
«Vicino alla gente. Questo lavoro è diventato mediatico, cioè lontano dalle persone. Il cuoco deve essere comprensibile e non irraggiungibile. Non siamo mostri sacri e a vincere è e sarà sempre la convivialità».
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Ultimo aggiornamento: Domenica 31 Marzo 2019, 21:30
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