Milano e Agrigento, la Bottega di Leonardo da Vinci e la Valle dei Templi, la tradizione pittorica fra ’400 e ’500 e le vestigia classiche di uno degli edifici sacri meglio conservati al mondo, il Tempio della Concordia. Niente è apparentemente più lontano. Eppure, proprio ad Agrigento, Capitale italiana della Cultura 2025, sarà aperta al pubblico dal 1 agosto al 31 dicembre la mostra “La Vergine delle Rocce e la Bottega di Leonardo” a cura di Vittorio Sgarbi e Nicola Barbatelli, ospitata nella Villa Aurea del Parco Archeologico (l’orario estivo delle visite si protrarrà fino a mezzanotte, ultimo ingresso alle 23, apertura alle 8.30).
Prodotta da Mediatica, Ellison e Samar, patrocinata dal ministero della Cultura, dall’assessorato regionale ai Beni Culturali, dal Parco Archeologico e dal Comune di Agrigento, la mostra ruota intorno alla celebre “Vergine Cheramy”, una delle tre versioni della leonardesca “Vergine delle Rocce”, proveniente da una collezione privata così come altri capolavori degli allievi e seguaci del genio toscano.
Il dibattito su Leonardo e gli artisti della sua Bottega è sempre stato oggetto di curiosità da parte degli studiosi e degli appassionati: « «La complessità creativa di Leonardo – dice Vittorio Sgarbi – ci costringe a una lettura che va ben oltre le informazioni conosciute. La sua creatività allude, da un lato, all’idea di creazione di cui l’essere umano è primus inter pares e, dall’altro, lo caratterizza come capace di “mettere al mondo” qualcosa di totalmente nuovo».
Dieci le testimonianze della Bottega esposte nella Città dei Templi: il nucleo, per l’appunto, è la “Vergine delle Rocce” realizzata molto probabilmente con l’allievo Boltraffio; poi tre opere del Giampietrino, allievo riconosciuto di Leonardo e tra i maggiori pittori del Rinascimento lombardo (“Madonna col Bambino”, “Madonna” e “Madonna che allatta il Bambino”), due di Cesare da Sesto, il pittore girovago che portò per l’Italia la lezione del genio vinciano (“Madonna col Bambino” e “San Gerolamo penitente”), due di Marco d’Oggiono, altro esponente di quella scuola (“Santa Veronica” e “Vergine col Bambino”) e poi Martino Piazza da Lodi (“Madonna col Bambino e San Giovannino”), Barnardino de’ Conti (“Madonna col Bambino”) e Bernardino Lanino (“Il Bambino Gesù e il San Giovannino”).
Tutti temi cari al maestro, come si evince dai titoli, e tutte diverse declinazioni del suo magistero. Che rivivranno adesso, per cinque mesi, accanto alle antiche colonne innalzate quattro secoli prima di Cristo.
Ultimo aggiornamento: Domenica 30 Luglio 2023, 18:05
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