Quando perdersi vale il viaggio: tappa a Fès, il labirinto più grande del mondo

Quando perdersi vale il viaggio: tappa a Fès, il labirinto più grande del mondo

di Sabrina Quartieri
Smarrirsi ed essere felici. Dove? A Fès, la capitale spirituale del Marocco e culla della sua civiltà fin dall’VIII secolo. Una volta attraversata la porta Bab Boujloud, vi ritroverete infatti nella sua millenaria medina, considerata il “labirinto più grande del mondo”, con i suoi 9400 vicoli, e resterete incantati dai vivaci mercati, dall’eleganza raffinata delle scuole coraniche, delle moschee e delle fontane, e dalle grandi vasche delle concerie, simili a una gigante tavolozza dei colori.
 
 

Un gioiello architettonico dimenticato e in stato di abbandono fino agli anni '90, che oggi è stato restaurato. Autentica e vera, la parte antica di Fès è Patrimonio mondiale dell’Umanità Unesco: perdersi nel dedalo delle sue viuzze vuol dire girovagare nella bellezza. E il silenzio della gente, che all’inizio vi sembrerà un compagno costante, si romperà in un battibaleno se, voi per primi, accennerete a un sorriso, o anche solo a un “salam”. Questa parolina magica - che in arabo equivale al saluto - vi farà sentire subito accolti. Se vi fermerete in città per qualche giorno (volando con Air Arabia si arriva il martedì e si riparte quello dopo), alla fine avrete anche imparato a muovervi in un labirinto senza perdervi; a sentirvi a vostro agio mentre farete affari nei mercati; o a mangiare street food a basso costo ma di ottima qualità, nei retrobottega arieggiati con un ventilatore. Insomma, se avete il Marocco nel cuore e Fès nella vostra “travel bucket list”, vale la pena partire.

Vi sentirete già felici quando, dal cimitero musulmano ai margini della città (accessibile solo a chi crede in Allah), o dalle regali Tombe Merinidi, oggi ruderi, avrete tutta la parte antica davanti. Perché il Marocco, ovunque vi troviate, è lei: Sua maestà “la medina”, con i minareti e i muezzin, i mercati e gli artigiani, i tramonti e il tè alla menta, che si consuma “con vista” dal tetto del vostro riad. Negli hotel tradizionali moreschi la fontana nel cortile interno non manca mai. I sofisticati arredi, con lussureggianti drappeggi e colorati mosaici, rendono l’atmosfera magica. Ma se cercate un luogo speciale che abbia un’anima, dove rifugiarvi dopo una giornata nel caos della medina, a Fès l’indirizzo è solo uno: il Riad El Amine. L’elegante dimora quasi centenaria offre quiete e autenticità. Tra le sue mura si aggira solo personale dai modi gentili, che diffonde sapere sulla cultura araba e su questa magnetica e misteriosa città. Tra comfort e luxury, il riad dispone di suite principesche e coccola i suoi clienti con l’hammam e i rituali di benessere della spa interna. In autunno, ci saranno nove suite in più, insieme a un bar e a un barbecue nel rooftop. Il cibo fassi (tipico di Fès), sublime e ricco nei sapori, delizia i palati dei clienti grazie alle ricette tipiche della cuoca Samira, che è possibile imparare partecipando a delle cooking class.

Un’esperienza che offre anche il Palais Amani, un riad del 17esimo secolo che organizza sessioni ai fornelli con lo chef nel rooftop panoramico al tramonto, quando i minareti diffondono il muezzin e ci si prepara alla preghiera. Ma la parte migliore delle lezioni è nelle strade della medina. Prima si va al mercato, per acquistare gli ingredienti necessari a preparare i piatti; poi si fa un tour di street food e si degusta tutto il meglio del local. Come la harira, la pastilla con carne di piccione; la tajine qamama a base di pollo caramellato e olive; la bessara, una zuppa di fave e aglio che si serve ovunque in tazze d’argilla, e una deliziosa porzione di yogurt nel chiosco a BaB Rcif. Allora sì che i buongustai avranno avuto “pane per i loro denti”. Nonostante i turisti si rinchiudano tutti al “Clock”, il cafè dove si mangia il camel bruger e si ascolta musica live la sera, a regalare le migliori sorprese in fatto di cibo sono i negozietti della medina. Si va dagli arrosticini alla griglia per pochi dirham ai donuts marocchini, dai succhi d’arancia e di dattero alle zuppe di lumache, dalla carne essiccata di cammello o di mucca (conservata in barattoli di grasso per quando, in inverno, non si riesce a raggiungere il mercato), alla pasticceria a base di mandorle, miele, acqua di fiori d’arancio e cannella, usata anche per rompere il digiuno durante il Ramadan.  Strano ma vero, a Fès non mancano i ristoranti di cucina cantonese. Nella medina se ne contano almeno sei.

Buono a sapersi, verrebbe da dire, per quei tanti cinesi che partecipano a serrati tour fotografici per Instagram. Da piazza as-Seffarine, dove gli ottonai incidono vassoi, teiere ed altri oggetti in ferro, rame e argento, dirigendosi verso le famosissime concerie medievali Chouwara (sono le più grandi dell’Africa), a un certo punto si arriva in un “cafè” gestito da un garbato signore, elegante nei modi e affabile nello sguardo. Fermarsi ad assaggiare il suo tè preparato come si faceva una volta e aromatizzato con foglie di verbena, assenzio, geranio e menta, è la scelta migliore da fare. La bevanda è gustosa e l’ambiente avvolto dal mistero e dalla pace. La passeggiata nella medina continua tra botteghe di profumi, mercerie, fondouk (gli antichi caravanserragli), forni pubblici per cuocere il pane e cooperative di tappeti. Il tour dei monumenti ha delle tappe imprescindibili, come l’impressionante moschea Quarouiyine, fondata da Fatima El Fihria nel IX secolo e sede dell’università più antica del mondo (per questo la città viene chiamata la “Atene d’Africa”); o la madrasa Attarine, capolavoro di estrema raffinatezza, tra marmi scolpiti e incisi con caratteri eleganti, archi di legno intarsiato, colorati mosaici e arabeschi.

Ma Fès è anche “città bianca”, con il Mellah (il quartiere ebraico) del XIII secolo, e il Palazzo Reale del XIV, con le sette possenti porte magistralmente decorate (tante sono quelle per accedere al “cielo”) e, al suo interno, una moschea, una scuola coranica, un’armeria, degli eleganti giardini e un campo da golf, sport prediletto da Re Hassan II. È qui e nella piazza antistante degli Alawiti che fu celebrato il primo royal wedding di Fès: era il 1994 e la principessa Lalla Meryem (figlia del sovrano) condivise la cerimonia nuziale con 200 coppie di sposi novelli (di tutte le classi sociali) provenienti da ogni parte del Regno. Il Mellah, fondato dopo il XVI secolo dal sultano per proteggere la comunità religiosa, prende il nome dal sale, la merce con cui venivano pagati gli ebrei che realizzavano le monete d’oro per la casa reale. Attraversato dalla Grande Strada, un’arteria molto animata dove si susseguono diverse gioiellerie, il quartiere ha delle case diverse da quelle arabe, ovvero con le finestre che guardano fuori e i balconi orientati verso l’esterno. Tra le sinagoghe, vale la pena visitare Ibn Da-an, un capolavoro del patrimonio architettonico giudaico del XVII secolo: il luogo sacro, restaurato nel 1998 grazie anche ad American Express, conserva intatte la stanza del Mehwa per la purificazione e una torah antichissima.

Il cimitero ebraico è invece un’importante meta di pellegrinaggio, per le tombe di Rabbi Yeouda ben-Atar (1655-1733) e di Solika Hatuel the Righteous, decapitata a 17 anni quasi due secoli fa perché rifiutò di convertirsi all’Islam. Quando sarete a Fès, concedetevi delle gite fuoriporta a Volubilis per le rovine romane; a Meknès, altra capitale imperiale, per le antiche scuderie e la medina; a Chefchaouen, la città blu amata dagli instagramers; a Ifrane, lungo la via dei Cedri, tra scimmie, foreste e picnic alla marocchina. Ma, soprattutto, tornate a casa solo dopo aver nutrito i mansueti e malandati gattini della medina (a Fès c’è persino una vecchina che li ospita sul suo tetto e se ne prende cura); essere entrati nel primo asilo pubblico della città vecchia, con la fontana di maioliche, le aule e il cortile interno con il tetto aperto, per restare sempre connessi con il “cielo”; aver visitato un’antica abitazione, con la mano di Fatima in ferro battuto sul portone (per proteggere la famiglia), e il piccolo balcone della cucina, ermetico, semicircolare e di legno, usato in passato dalle donne per controllare – senza essere viste – chi bussava o i bambini che giocavano per strada.

Ancora: dopo aver fotografato i grandi nidi delle cicogne, considerate dei portafortuna, o gli asini carichi di spazzatura (le auto non hanno accesso nella parte antica e i cavalli sono considerati nobili da arabi e berberi, quindi non adatti ai lavori duri); e, infine, esservi regalati una serata in una piazza ai margini della città seduti sui gradoni insieme ai bambini di Fès. È grazie a loro se il cuore della medina pulsa dalla mattina presto: i pargoli escono a comprare il pane e le uova, o a riempire le bottiglie d’acqua alla fontana, per dare una mano in casa come si faceva una volta. La sera, insieme a mamme e nonnine, stanano di nuovo, per sfrecciare sui monopattini o sulle bicilette, e godersi il fresco (non avendo i condizionatori). E mentre l’atmosfera della piazza si anima di una bella e gioiosa allegria, il vostro soggiorno a Fès si chiude con il cuore pieno e appagato, rallegrato e lieve. 
Ultimo aggiornamento: Lunedì 9 Settembre 2019, 12:49
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