Virginio, nuovo singolo e lotta al bullismo: «Sono stato bullizzato, so cosa significa»

Virginio, nuovo singolo e lotta al bullismo: «Sono stato bullizzato, so cosa significa»

di Rita Vecchio
«Quando ero ragazzo non si parlava di bullismo. E crescere diverso è stato difficile». A parlare è il cantautore Virginio Simonelli, 34 anni. E lo fa con la sensibilità che lo contraddistingue. Innamorato di jazz e brit pop, cresciuto a pane e Coldplay, è da sempre schierato contro il bullismo. E ne parla, senza problemi, in occasione dell'uscita del suo nuovo singolo Cuba Libre - etichetta iMEAN di Roberto Mancinelli e tra qualche giorno anche video stile The Dreamers di Bartolucci antipasto del disco in autunno - che arriva dopo tanta gavetta: il debutto a Sanremo, la vittoria ad Amici, l'EP Finalmente, il disco Ovunque e le canzoni per la Pausini (tra cui Limpido con Kylie Minogue), Raf e altri. «Cuba Libre - spiega - è stato scritto durante il viaggio a l'Avana: mi ha colpito il modo dei cubani di intendere la vita».
Cioè?
«Di lasciare andare le cose, una visione distante dalla nostra. Qui, se non posti su Instagram sembra che non fai niente».
E quindi giura sull'ultimo Cuba Libre che le mie paranoie saranno andate
«Che detto da me... Sono uno che ha sempre avuto la mania di controllare tutto ma adesso, come il personaggio del film Benjamin Button, vorrei godermi un po' di leggerezza».
Ma questa leggerezza quando è arrivata?
«Quando ho iniziato a scrivere per Laura (Pausini, ndr). Quando scrivo una canzone, anche ballabile e divertente, il mio chiodo fisso è che sia pop ed elegante, comprensibile a tutti».
Insomma tutt'altro che rap e trap
«Abbiamo il vizio di percepire come migliori le cose che vanno di moda, pensando che tutto il resto non esista. E invece, vedi Ultimo che non fa trap. La cosa importante è fare musica avendo qualcosa da dire. Cuba Libre comincia con Oggi metti su un pezzo indie/E smetti di chiedere quindi?».
E continua con una frase tipo se cadi, rialzati.
«Che è la cosa che mi riesce meglio. Sono un resiliente (sorride, ndr)».
Pure da piccolo?
«Mi sentivo estremamente insicuro e costantemente sbagliato.
Perché?
«Mi sentivo diverso. Non mi piaceva giocare a calcio, fare le cose che facevano gli altri. Avevo la sindrome dell'abbandono. Poi, quando da Fondi (comune vicino Latina) sono andato a Milano, tutto è cambiato. E paradossalmente, nonostante fossi davvero senza nessuno, mi sentivo meno solo. La musica mi ha aperto un mondo, il mondo che finalmente mi volevo prendere».
Lei da sempre lotta contro il bullismo.
«Perché, anche se non c'erano i social, sono stato bullizzato. E so cosa significa. Mingherlino e timido, ero bersaglio del solito gruppo di stronzi. Ma ai miei tempi nessuno parlava del fenomeno bullismo. Oggi voglio raccontare che c'è un mondo fuori dal fango. E bisogna andarselo a prendere».
E tatuarselo sul petto?
«Sì. Mi sono fatto incidere Temet nosce (conosci te stesso, ndr.). Ma l'ho fatto scrivere al contrario. Così allo specchio posso leggerlo. E mi ricordo chi sono».
Ultimo aggiornamento: Martedì 11 Giugno 2019, 15:13
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