Shaggy: «Basta donne e motori, ora vi parlo di me»

Shaggy: «Basta donne e motori, ora vi parlo di me»

di Luca Uccello
MILANO - Qualche giorno in Italia per partecipare alla finale di The Voice («So che ai giudici danno un sacco di soldi, se volete lo faccio anch’io...»), promuovere il suo ultimo disco Wah gwaan?!, un’espressione per dire «come butta?», per dire tante cose di lui. A cinquant’anni e con trenta milioni di album venduti, Shaggy non ha più voglia di cantare «solo di donne, macchine e soldi», ha voglia di raccontare di sé.
«Questo è il mio album più “conscious” - ha raccontato il cantante ieri a Milano - rappresenta come vivo oggi, quello che ho fatto e visto e che ho voglia di condividere. Wrong room, Praise e Live riflettono chi sono realmente oggi».
In Live Shaggy ammette di avere pensato più al denaro che a vivere e di aver sbagliato. «Penso ai miei figli e a quanto hanno sofferto perché loro padre era sempre in giro. Ma ho imparato la lezione e adesso sto tanto con mia figlia...». Si è sbagliato e non ha paura di dirlo: «La vita non fa così schifo come sembra, bisogna saperla viverla».
Un personaggio diverso, come piace a lui, certamente maturo, ma sempre pronto a stupire ancora: «Ci provo ma è più difficile perché ora la gente si aspetta certe cose da me, ma ogni tanto ci riesco ancora, come con la collaborazione con Sting». Il loro album, 44/876 vincitore di un Grammy, «ha funzionato perché siamo amici per davvero. Lui è un maestro, ho imparato molto musicalmente ma c’è stato uno scambio: Sting è meticoloso e io sono spontaneo. Abbiamo avuto successo, nonostante sembrasse una combinazione destinata a fallire».
Poi una riflessione: «Per rivoluzionare uno stile, essere una star non basta. Devi essere una superstar. E se sei un emarginato come me e per di più parti dal reggae, devi lavorare dieci volte tanto». E forse anche per questo - dice Shaggy - «oggi non voglio più essere il leader, per quello c’è Sean Paul, alla mia età è una pressione troppo forte». In una cosa non è cambiato, nel rivoluzionare il suo lavoro: «Quando l’ho riascoltato alcuni mesi fa, l’album non mi piaceva più. L’ho rifatto da capo, o quasi, in sette giorni. Volevo fare un disco futuristico, una cosa che avrebbe fatto dire alla gente: “che cos’è ‘sta roba?” Che è poi la reazione che i miei dischi suscitano sempre».
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 5 Giugno 2019, 08:56
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