Sanremo, Fiorella Mannoia: «La mia "Mariposa", un inno all'orgoglio femminile»

La cantante al Festival per la sesta volta: «Siamo sempre più chiusi e bacchettoni»

Sanremo, Fiorella Mannoia: «La mia "Mariposa", un inno all'orgoglio femminile»

di Rita Vecchio

«E' la canzone che sceglie di portarti al Festival». Ne è convinta Fiorella Mannoia che ritorna in gara a Sanremo per la sesta volta grazie a “Mariposa”. Un brano manifesto al femminile, che gioca sui contrasti, non solo per le parole, i riferimenti letterari e le metafore, ma anche per il binomio ritmo e testo. Gioioso da una parte, messaggio dall’altro, consapevolezza dell’emancipazione femminile su di un fronte, e strada ancora da percorrere su di un altro. «Mariposa sottolinea l’orgoglio di essere donne, ci racconta per quello che siamo, per quello che siamo state e per quello che saremo. Nel bene e nel male, senza vittimismo. Ci sono pregiudizi millenari da abbattere, ci vuole tempo e pazienza».

Settant’anni il 4 aprile (si augura di fare una grande festa in musica), spiega che il brano scelto da Amadeus dalla «storia delle sorelle Mirabal, attiviste contro la dittatura e trucidate il 25 novembre 1960, data che divenne poi simbolo contro la violenza sulle donne». Dalla strega al rogo alla metafora dello specchio rotto, «perché noi donne siamo anche sette anni di disgrazia». Sono donne «tra le quinte di un palcoscenico, dove il palcoscenico è fatto di uomini che si sono presi la scena nei secoli».

Fiorella Mannoia (Cover Mariposa)

Donne che sanno essere “Una nessuna centomila”, titolo pirandelliano che la Mannoia ha fatto sua con una fondazione e il concerto a Campovolo, concerto che quest’anno bisserà all’Arena di Verona (4 e 5 maggio), «con tanti ospiti uomini (da Achille Lauro a Sangiorgi, ndr), perché il cambiamento deve partire anche da loro».

Si tratta di «avere aperto una porta.

Vogliamo uscire dagli stereotipi, dall’essere crocerossine, dal confondere la gelosia e l’ossessione con l’amore, strada che porta alla cronaca che conosciamo». Il momento storico, che sta quasi regredendo verso una mentalità «di bacchettoni», e a una chiusura che «nemmeno nel monolito decennio '70, con Woodstock e le comuni».

Le critiche sull’outfit di Elodie sono fuori dal tempo («E Madonna e Beyonce, le abbiamo dimenticate?»). Ma «siamo migliori di come ci descrivono e siamo migliori di quelli che ci governano». Perché, canta, nel profondo si deve essere liberi con una libertà «che costa cara». 


Ultimo aggiornamento: Sabato 3 Febbraio 2024, 13:25
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