Daniele Silvestri: "Noi europei viviamo in gabbia.
No ai talent. Sanremo? Nemmeno, ma poi..."

Daniele Silvestri: "Noi europei viviamo in gabbia. ​No ai talent. Sanremo? Nemmeno, ma poi..."

di Ilaria Ravarino
BERLINO - Abbracci, autografi, una pioggia di selfie e ringraziamenti. E gli occhi lucidi di chi si sente a casa, sia pure per qualche istante, in terra straniera.





Invitato a incontrare il pubblico all'Italian Film Festival di Berlino, città in cui nel 2013 è stato protagonista insieme agli amici Max Gazzè e Niccolò Fabi del documentario LocalEuropa, Daniele Silvestri (foto) ha regalato alla capitale tedesca un pezzo d'Italia. La migliore possibile.



Nel film incontra gli italiani in Europa. Cosa le è rimasto di quell'esperienza?

«Un bel ricordo. Tutto è cominciato in leggerezza, poi pian piano è cresciuto in noi un sentimento quasi patriottico. Termine pericoloso, "patriottico". Che non userei mai in altri contesti».



In che senso?

«Le persone che abbiamo incontrato raccontano un pezzo d'Italia che sento vicino. Mi identifico più con la generazione che ha lasciato il paese, che con quella che è rimasta».



Ha mai avuto voglia di andarsene?

«Certo. Ma è una scelta dolorosa. Io ho tre figli, e con due donne diverse. Andarmene sarebbe difficile adesso. Ma a 14 anni non sarei più ripartito da Londra, e a 27 da Cuba».



All'autore di “Cohiba” che effetto fa il riavvicinamento tra Usa e Cuba?

«Non mi ha stupito per niente. Era già scritto. I due Castro sono invecchiati, la storia ha cessato di avere le sue motivazioni. Ma non è che gli Stati Uniti si siano improvvisamente "illuminati". È il mondo intorno a loro, che è cambiato».



Altri muri, intanto, si alzano nel mondo. Proprio in Europa.

«A 20 anni avrei avuto sicuramente più certezze sulla questione della migrazione. Ora che ne ho 47 guardo le cose da una prospettiva più generale: c'è un pezzo di mondo che vuole spostarsi, e noi siamo sulla loro strada. Non si può fermare un esodo. E non vedo cosa ci sia di così prezioso in Europa da spingerci a chiuderci in gabbia».



Ne parlerà nel nuovo disco?

«Ci sto lavorando, uscirà a fine gennaio ed era da tanto che non mi dedicavo con un simile entusiasmo a un progetto. Con Le navi, nel 2011, ho già parlato di migrazione. E probabilmente continuerò a farlo, consapevole che non sarà una mia canzone a chiarire responsabilità e dare soluzioni».



Sanremo: che fa, va?

«Dico sempre di no, poi alla fine vado...».



Talent: li farebbe?

«Me lo hanno chiesto, ma no. Però non sono assolutista: io i talent li guardo. Elio mi fa morire dal ridere, e mi interessano le scelte musicali di quel pazzo di Morgan. Ma detesto l'idea di trasmettere ai più giovani il concetto che l'unica cosa che conta nella vita sia avere successo o essere popolari».
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 14 Ottobre 2015, 11:20
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