Bianca Atzei: «Le mie canzoni del cuore trasformate in ninnananne per il piccolo Noa»

La cantante pubblica "Il mio canto libero": "La playlist della mia gravidanza"

Bianca Atzei: «Le mie canzoni del cuore trasformate in ninnananne per il piccolo Noa»

di Totò Rizzo

A Noa Alexander è sempre piaciuta la musica. Laddove “sempre” è avverbio un po’ improprio se si pensa che Noa ha appena 6 mesi ma calza a pennello se si pensa che certe canzoni lo facevano già placare nei momenti di irrequietezza o entusiasmare con vivacità motoria quando era ancora nella pancia della mamma che è Bianca Atzei. E qui il cerchio si chiude perché sembra ancor più fisiologico che il figlio di una cantante sia predisposto ai piaceri della melodia e del ritmo. Fatto sta che, incinta di sette mesi, la Atzei, cantando e cantando perle del repertorio italiano al suo bambino ancor prima che questi nascesse, s’è chiesta: perché non inciderle, queste canzoni? Detto fatto. Ne ha parlato al suo produttore Diego Calvetti ed ecco qui, la playlist dell’attesa di Noa è diventata “Il mio canto libero”, otto tracce, otto cover “ninnanannizzate” di brani celebri (la Atzei da interprete è innamorata dei classici del cantautorato e in genere della canzone italiana della seconda metà del secolo scorso) che piacciono a mamma e figlio.

Bianca, la prima traccia che dà anche il titolo all’album, “Il mio canto libero”, non sembra affatto casuale.

«È la chiave del disco. Mai mi sono sentita così svincolata da meccanismi discografici – di scelta, di strategia, di convenienze di mercato – come questa volta. Sono le canzoni che piacciono a me e a mio figlio. Una libertà totale di sentirmi me stessa donna, madre e artista, fuori da ogni contesto. È stato bellissimo. A parte la bellezza in sé della canzone di Battisti».

Analizziamoli, allora, questi brani. Dopo Battisti, il Paoli de “Il cielo in una stanza”.

«È astrazione pura, quella che si metteva in moto quando da sola, chiusa nella mia camera da letto, immaginavo già mio figlio, gli occhi, le manine, i piedini, una dimensione quasi irreale, sembrava davvero che la stanza non avesse più pareti».

“La cura”, quasi una scelta obbligata.

«Una dedica d’amore assoluto, condivisione e dedizione totali. Ti rendi conto, cantandola, dell’essenza di questo sentimento, di ogni sua sfumatura. La eseguo spesso, nei miei concerti. È una canzone che ti fa rimpiangere di non essere nata Franco Battiato».

“A mano a mano”.

«Quando era dentro di me e gliela cantavo, avvertivo che tra me e Noa si instaurava un mood diverso, come di una nostalgia bella, struggente».

“Amore disperato” almeno come ritmo non sembra proprio adatta a una ninnananna.

«Però ho voluto sperimentare. Perché al di là delle motivazioni profonde, quest’album è stato anche sperimentazione: negli arrangiamenti, ad esempio. Ne è venuta fuori una versione più dolce, delicata. E poi è una canzone che mi è sempre piaciuta, l’amore disperato è quello per cui affronti ogni sacrificio e Noa, arrivato dopo una profonda e tenace ricerca di maternità, davvero “sembra un angelo caduto dal cielo”».

“La donna cannone” come è stata scelta?

«È un’altra delle canzoni che sembrano scritte apposta per un disco nato da un’occasione come questa.

Però mi sono anche detta: è giusto che i giovani cresciuti in questo nuovo millennio e le generazioni che verranno, come quella di mio figlio, conoscano le pietre miliari della musica italiana, che certi brani siano tramandati».

“Solo per te” dei Negramaro.

«C’è come un segno anche di malinconia in ogni gravidanza, è uno degli elementi dell’attesa, le aspettative, i timori, i desideri, le ansie, i dubbi, il “sarò in grado di farcela?”. Ecco, questa canzone li incarna tutti».

“Buonanotte fiorellino”: il finale perfetto.

«Già, è il ritmo perfetto ma è solo in apparenza un valzerino, in realtà è un brano di una potenza immaginifica fortissima».

La “playlist dell’attesa” ha lasciato fuori qualche canzone che lei ama particolarmente?

«Più di una ma, fra tutte, il rimpianto più forte è per “Io che amo solo te” capolavoro assoluto. Ma so di essere perdonata da quel poeta immenso della nostra musica che è stato Sergio Endrigo perché da sempre la canto in ogni mio concerto».

Dopo averle ascoltate prima di venire al mondo, Noa sente anche adesso queste canzoni?

«Altro che, dal vivo ma anche dal disco, prima che si addormenti o durante il bagnetto».

C’è qualcos’altro che, nonostante i sei mesi e le scelte di mamma, il piccolo già predilige di suo?

«Impazzisce per “Italodisco” di Stash e dei Kolors».

Mamma Bianca porta anche in tour il progetto “Il mio canto libero” magari in  compagnia di Noa?

«Sì, nei live faccio un medley di queste canzoni e hanno un riscontro incredibile, ci sono momenti in cui tutto il pubblico canta in coro, come rapito. Noa è ancora troppo piccolo per seguirmi, ma a breve mi seguirà, certo che mi seguirà».

Altri progetti?

«La scrittura c’è sempre. Anzi, devo dire che la maternità ha cambiato il momento creativo. È più semplice, istintivo, diretto, immediato. Non sto più lì a spaccare il capello in quattro, a cercare la costruzione perfetta, l’approccio è più immaginifico. Mi sento più libera anche in questo senso».

Domanda di rito: lei ha fatto due Sanremo in gara più alcuni per accompagnare amici/colleghi nei duetti. Un pensierino per il ritorno?

«Risposta di rito: se ho la canzone giusta, sì. Ma al di là del giochino domanda/risposta: dovessi avere un pezzo forte, in cui credo ciecamente, corro senz’altro, il festival è una vetrina irrinunciabile».


Ultimo aggiornamento: Sabato 22 Luglio 2023, 16:24
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