'Noi e la Giulia', Edoardo Leo: "La rivincita dei
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'Noi e la Giulia', Edoardo Leo: "La rivincita dei 40enni, un pareggio contro la camorra"

di Michela Greco
ROMA - «Abbiamo pareggiato contro la camorra, e pure fuori casa».





Lo dichiarano trionfanti all'inizio del film i protagonisti di Noi e la Giulia, terzo lavoro da regista di Edoardo Leo, che ha scelto di ispirarsi al romanzo di Fabio Bartolomei Giulia 1300 e altri miracoli per raccontare una avventura tragicomica su «cinque persone che hanno fallito nel loro Piano A e ora cercano di fare qualcosa di importante come Piano B». Che, nel caso specifico, è l'apertura di un agriturismo - «un classico Piano B dei quarantenni di oggi», si dice nel film - e soprattutto «la resistenza rispetto alla logica del sopruso, a cui siamo talmente abituati da essere narcotizzati. Qui è rappresentata dalla richiesta del pizzo da parte della camorra», ha sottolineato Leo.











Al cinema da giovedì, Noi e la Giulia unisce nella folle impresa Diego (Luca Argentero), venditore di auto frustrato e "costernato", Fausto (lo stesso regista), fascistello coatto inseguito dai creditori, e Claudio (Stefano Fresi), che ha appena fatto fallire la storica gastronomia di famiglia. Mal assortiti e ingenui, per resistere alle richieste di una stramba camorra che assume il volto di Carlo Buccirosso, si faranno aiutare da Sergio, nostalgico comunista che risolve tutto con le maniere forti (un perfetto Claudio Amendola) ed Elisa (Anna Foglietta, che ha girato il film incinta di sette mesi), ragazza in fuga da un passato disastroso.



«In Noi e la Giulia ho messo un mix di cose che amo, dai riferimenti al cinema di Ettore Scola, che ha raccontato il paese, la guerra e i fallimenti ideologici facendoci ridere, ad American Hustle, un film che ho adorato anche perché ha disintegrato due sex symbol come Bradley Cooper e Christian Bale. Io, nel mio piccolo, ho disintegrato Luca Argentero e Claudio Amendola. Probabilmente perché li invidio», ha scherzato Leo.



Come da tradizione della commedia all'italiana, l'attore-regista ha provato a rielaborare un materiale drammatico con la lente deformante della risata, «perché il cinema non deve dare un messaggio - ha spiegato - ma serve a raccontare ciò che ci succede. Garrone, ad esempio, osserva la camorra con un occhio cupo, io invece la prendo in giro».
Ultimo aggiornamento: Martedì 17 Febbraio 2015, 11:49
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