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La mano bionica che si muove col pensiero: così ha cambiato la vita di tre persone
ROMA - Il futuro è qui. Dal pensiero di tre pazienti si accende l'energia per muovere una mano bionica 'collegata' al loro avambraccio con un intervento unico al mondo: i tre si sono precedentemente allenati mentalmente a generare e controllare piccolissimi segnali nervosi che, captati da sensori, consentono movimenti precisi della mano bionica.







È questo il cuore hi-tech che anima la protesi robotica messa a punto anche grazie all'italiano Dario Farina, direttore del Dipartimento di ingegneria della neuroriabilitazione all'Università di Gttingen (Germania) che ha raccontato all'ANSA i delicati e lunghi passaggi dell'intervento di 'ricostruzione bionica' e che, col suo gruppo di ricerca, ha avuto un ruolo fondamentale per quanto riguarda la parte ingegneristica relativa alla realizzazione delle protesi e al loro controllo da parte dei pazienti. «In alcuni incidenti - spiega - (ad esempio in motocicletta), può restare danneggiato il 'plesso brachiale' - una complessa giunzione di nervi che dalla spina dorsale raggiunge tutte le parti del braccio per il controllo dei movimenti di spalla, gomito e mano. Se il danno avviene a livello della spalla, l'informazione di comando del braccio che parte dal cervello non riesce più a raggiungere la mano che quindi non può più muoversi e perde sensibilità. L'uso della mano viene quindi perso e non ci sono attualmente soluzioni a queste lesioni», aggiunge Farina. «Ad esempio - racconta lo scienziato - uno dei pazienti riportati nel nostro lavoro su Lancet aveva perso l'uso della mano da 17 anni». La ricostruzione bionica è una procedura molto complessa e si articola in diverse fasi. La premessa su cui tutto si fonda è che, nonostante i segnali nervosi rimasti dopo la lesione non permettano più i movimenti della mano, c'è ancora un'attività elettrica residua in alcuni nervi che raggiungono l'avambraccio, spiega Farina.



È proprio captando tali flebili segnali residui con elettrodi posti sui muscoli che si può controllare una mano robotica, aggiunge. «In pratica - precisa Farina - questa prima parte della procedura consiste nel creare chirurgicamente dei siti sui muscoli dell'avambraccio in cui è possibile registrare i segnali elettrici residui dei nervi, piazzandovi sopra gli elettrodi». In seguito c'è una fase che dura molti mesi in cui il paziente si allena a generare e controllare piccoli segnali elettrici (training cognitivo o allenamento mentale). Questi segnali possono comandare la mano artificiale. «Quando il paziente è divenuto capace di controllare i segnali elettrici in modo naturale e intuitivo (se vogliamo, con il pensiero) - spiega Farina -allora si procede all'amputazione della mano ormai non più in uso che viene sostituita da quella artificiale». Dopo un indispensabile periodo di riabilitazione, i pazienti hanno mostrato un ottimo recupero clinico della funzionalità dell'arto, conclude Farina; il successo della sperimentazione è tale che già ad altri tre pazienti con diverse lesioni è stato applicato l'arto bionico.



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Ultimo aggiornamento: Mercoledì 25 Febbraio 2015, 13:59
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