La produttrice di vino: "Settore rivoluzionato
in 50 anni. All'estero pagano, in Italia invece..."

La produttrice di vino: "Settore rivoluzionato in 50 anni. All'estero pagano, in Italia invece..."
Si respira aria di ottimismo al Vinitaly, la più importante rassegna sul vino italiano, aperta ieri dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Per i cinquanta anni della Fiera, a Verona oggi è atteso anche il premier Matteo Renzi.

Il futuro per le nostre cantine è sempre di più l'export. Ne è convinta Donatella Cinelli Colombini, produttrice di una storica cantina toscana a Montalcino, che si è insediata come nuovo presidente nazionale dell'Associazione Donne del Vino, con 650 socie in tutta Italia.

Presidentessa Cinelli Colombini, il Capo dello Stato nel suo intervento ha citato anche voi donne: contenta?
«Certo. Un tempo le donne facevano tappezzeria, nel mondo del vino. Eppure circa un terzo delle imprese agroalimentari sono a conduzione femminile. Ora qualcosa si muove: nella nostra Associazione ci sono soprattutto aziende piccole, ma anche nelle cantine che contano incominciano a esserci donne al comando, come al Gruppo Italiano Vino o all'Assoenologi. Nei piani alti sono in poche: c'è da fare».

Si festeggiano i 50 anni di Vinitaly. Che cosa è cambiato?
«Nel 1967 il Brunello diventò Doc, fu il primo passo per le nuove regole condivise. Ma in quegli anni il nostro ambiente era molto provinciale. Ero bambina, ma ricordo quei Vinitaly con pochi espositori. Andai in Borgogna con mia nonna, nel 1970, e capii che la differenza tra noi e i francesi era abissale».

Nel 1986 vi furono i 23 morti per lo scandalo al metanolo: il punto più basso per il vino italiano.
«Quel Vinitaly fu drammatico: venne cacciato un produttore piemontese coinvolto. Altrimenti se ne sarebbero andati tutti gli altri. Ma ci siamo ripresi. Allora l'Ice, l'Istituto per il commercio estero, fece un'ottima campagna di immagine negli Usa, sulla genuinità dei nostri prodotti».

Lei è molto social, come produttrice: funziona?
«Sì, per quando riguarda i visitatori: abbiamo aziende agrituristiche e teniamo aperte le nostre due cantine. Ma non porta dei compratori esteri».

Qual è la sua percentuale di export?
«Circa il 70%. E molte altre aziende come la nostra puntano sull'estero, che va bene. Quest'anno al Vinitaly hanno investito nell'accoglienza dei buyer. Negli stand non avevo mai visto tanti operatori stranieri: sono davvero un fiume».

Su quali Paesi si deve puntare? La Cina?
«Forse ne abbiamo parlato fin troppo: io direi che dobbiamo tornare su alcuni Paesi, come il Giappone. E poi dedicarci a mercati minori ma importanti, come Singapore, Corea, Vietnam».

I consumi in Italia riprendono?
«Qualcosa si muove. Ma a volte mi chiedo: vendo agli italiani e poi mi pagheranno? Con gli stranieri non corro questo rischio».

Com'è l'impressione del primo giorno in Fiera?
«Non ho la sfera di cristallo, ma credo proprio che questo Vinitaly batterà tutti i record di business. Ci sono i presupposti».
Ultimo aggiornamento: Lunedì 11 Aprile 2016, 09:09
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