«La tua scuola perde un patatone buono, un ragazzo che ha saputo lasciare il segno»: c'è dolore, sgomento e tristezza ad Alessandria all'indomani della morte di Matteo Benzi, il ragazzo di 17 anni ucciso dal padre Martino insieme alla mamma Monica Berta, 55 anni, e alla nonna, Carla Schiffo, 78 anni. Un triplice omicidio seguito dal suicidio dell'ingegnere 68enne che ancora non ha una spiegazione, ora ricercata nei biglietti lasciati dal killer e che parrebbe essere di natura economica - ma che lascia una profonda ferita nella comunità dell'Istituto Alessandro Volta, la scuola che il giovane Benzi frequentava.
Matteo Benzi, il dolore sui social
Quello di Matteo Benzi è il ritratto del classico "bravo ragazzo". Lo stesso padre, Martino, si definiva dalle colonne del suo sito internet «orgoglione» di quel figlio avuto in un'età in cui «alcuni miei compgani di classe diventano nonni», scriveva. Frequentava il quarto anno dell'Itis con indirizzo elettrotecnico, e di lui la preside Maria Elena Dealessi parla come di «un ragazzo in gamba, mite e pacato e molto solare. A scuola non si è mai assentato e aveva ottimi voti, è stato sempre promosso. Non abbiamo avuto nessuna avvisaglia di problemi familiari». Anzi, il papà Martino era talvolta «iper-presente». Sul cancello d'ingresso della scuola è apparso un biglietto: «Da domani il tuo banco sarà vuoto ma qui, tra noi, tu avrai per sempre il tuo posto», si legge.
Anche sui social spuntano ricordi e pensieri dedicati al giovane Matteo. Tra tutti, quello di un insegnante, Sandro Marenco. «Ciao Matteo - scrive in un post - Non eri il mio alunno ma eri anche tu un mio alunno. È davvero difficile scriverti qualcosa in questo momento perché provo un dolore misto tristezza molto profondo. La scuola, la nostra scuola, la tua scuola, perde un patatone buono, un ragazzo che ha saputo lasciare il segno. I tuoi prof ti descrivono con cuore e questo significa che tu hai portato il cuore nella tua classe e nei nostri corridoi. Vorrei abbracciarti e dirti che non è giusto, che non lo meritavi. Ma io sento di voler abbracciare tutti i tuoi compagni, tutti gli alunni, i colleghi. Siamo nel dolore e dobbiamo farci forza, dobbiamo unirci.
Ragazzi domani abbracciatevi e abbracciatemi. Ho il cuore che lacrima».
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