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Stefania, chi sono i figli di genitori con un disturbo mentale?
«Il panorama è molto complesso. Le storie di chi ha uno o due genitori con malattia mentale cambiano a seconda della patologia, della cura, se il disturbo è stato diagnosticato o meno. A fare differenza anche se il genitore era già ammalato quando è nato il figlio o si è ammalato dopo. Ma è sbagliato pensare che si tratti solo di situazioni emergenziali».
Ci sono anche storie a lieto fine?
«Assolutamente. Ci sono tante famiglie amorevoli e vanno raccontate, proprio per far capire che se un genitore dispone di buone cure non è necessario sostituirvisi. Non è sempre vero che un genitore con un disturbo psichico non è un buon genitore. La psicoeducazione in questi casi fa la differenza. È importante sensibilizzare anche all'esterno delle famiglie coinvolte. Se c'è un clima di pregiudizio il figlio tenderà a tenersi tutto dentro. La salute mentale è un bene comune che riguarda tutti».

Quali possono essere i problemi che ci si trova ad affrontare?
«Si va dagli stati emotivi alterati del genitore all'assistere a tentativi di suicidio e sventarli. In alcuni tipi di disturbo c'è tendenza a non gestire bene il denaro, in altri casi ti ritrovi a chiamare il 118 perché il genitore sente o vede cose che non esistono».
Come agisce la vostra associazione?
«Lavoriamo su più livelli, dall'auto mutuo aiuto, alla sensibilizzazione e all'advocacy a livello nazionale ed europeo per favorire la nascita di buone pratiche a sostegno dei giovani caregiver. I figli non più come vittime, ma agenti attivi di cambiamento e portatori di resilienza se sostenuti e informati. Un altro aspetto a cui teniamo molto è far sì che tutti i cittadini possano accedere alle informazioni sui disturbi mentali in maniera semplice. Magari negli studi di medicina generale, come avviene con le altre malattie».
Lo Stato offre assistenza in questo senso?
«A livello strutturato no. Un altro nostro obiettivo è fare lobby affinché siano riviste le forme di assistenza in chiave di maggiori investimenti in salute mentale e prevenzione».
A due anni dalla nascita di COMIP quali sono i traguardi più importanti raggiunti?
«Un protocollo siglato con il Miur insieme ad altre organizzazioni che tutelano i diritti dei caregiver per supportare in ogni classe i ragazzi che si prendono cura di un familiare. E poi incontri in tutta Italia organizzati con il crowdfunding (Buonacausa.org.), grazie al quale stiamo distribuendo "Quando mamma o papà hanno qualcosa che non va", una mini-guida pubblicata dal Servizio di Editoria Sociale del CESVOL Umbria/Terni, che desideriamo raggiunga tutte le scuole, le biblioteche, i centri di salute mentale e i consultori familiari del Paese. Ma per farlo c'è bisogno dell'aiuto di tutti».
Quale percorso deve seguire un ragazzo che ha bisogno del vostro aiuto?
«Contattarci o tramite Facebook o attraverso il sito www.comip-italia.org. A seconda del caso agiamo».
Ultimo aggiornamento: Martedì 18 Febbraio 2020, 11:11
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