«La percentuale dei positivi tra gli stranieri è in crescita», racconta Enrico Di Rosa, il direttore del Sisp (Servizio di Igiene e Sanità pubblica) dell’Asl Roma 1. «Mentre i contagi a livello generale continuano a calare, ormai nel Lazio siamo sotto ai 150 positivi giornalieri, tra gli stranieri questa flessione è molto meno marcata, anzi». Lo confermano i rapporti degli esperti di tracciamento di tutte le Asl della Capitale, non solo della Roma 1. L’azienda sanitaria 2, con l’obiettivo di mappare i casi sospetti di variante, ha analizzato per 14 giorni i contagi su un territorio che va da Malafede a Cinecittà, da Tor Bella Monaca all’Eur. Risultato: il 25% era di origine straniera. All’Asl Roma 3, secondo il monitoraggio del Sisp, addirittura si tocca il 30% del totale (si tratta soprattutto di bengalesi, indiani, filippini, ucraini), anche perché qui affluiscono i dati dell’aeroporto di Fiumicino. La Roma 1 è intorno al 20%. Al di là delle differenze tra distretto e distretto, si nota una proporzione molto più marcata rispetto all’incidenza degli stranieri sulla popolazione cittadina (poco più di 349mila persone su 2,8 milioni di abitanti, secondo le statistiche del 2019, cioè il 12,5% dei residenti).
Come si spiega? È un mix di fattori, spiega sempre Di Rosa, il manager che coordina l’attività di tracciamento nella Roma 1. «In alcune comunità c’è una copertura vaccinale molto bassa, anche per motivi indipendenti dalla volontà dei singoli: pensiamo a chi è irregolare. Non ha modo di avere la tessera sanitaria e non può prenotare il vaccino». C’è anche un problema di costi: «Non tutti possono permettersi un tampone rapido dal privato, anche se c’è la tariffa calmierata a 22 euro», conclude Di Rosa. «In alcuni casi, quando interveniamo con i test molecolari - confida un esperto del contact tracing della Roma 2 - è tardi, il virus si è già moltiplicato».
Il sequenzimetro
Analizzare i paesi d’origine dei contagiati aiuta a decifrare l’evolversi delle varianti.
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Ultimo aggiornamento: Mercoledì 9 Giugno 2021, 18:20
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