Coronavirus, a Roma rete tra malati e quarantene: ecco come la Capitale ha frenato il contagio
di Mauro Evangelisti
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PERICOLO
Secondo gli esperti Roma, che almeno per ora ha evitato una situazione drammatica simile a quella di Madrid, è una delle città che rischierà di più quando ci sarà la fase due, quando gradualmente, non prima di maggio, ci saranno parziali riaperture e possibilità di spostamento. In una metropoli, punto d'incontro di flussi da ogni parte del Paese, le probabilità di una seconda ondata del contagio è alta. «Per favore, nessuna distrazione, né tentazione di abbassare la guardia» è stato l'appello di ieri di Nicola Zingaretti, governatore del Lazio, nella sua prima conferenza stampa in streaming dopo essere guarito dal coronavirus. Torna la domanda iniziale: perché avere intercettato, a fine gennaio, nell'hotel di via Cavour, i pazienti uno e due di Covid in Italia, cioè i due turisti di Wuhan, ha evitato a Roma guai più seri? Ciccozzi: «Guardi, io sono stato il primo a pubblicare uno studio su questi due cinesi, utilizzando le loro sequenze genomiche, e ho dimostrato che erano già infetti quattro o cinque giorni prima di arrivare a Roma. Averli individuati a fine gennaio, ci ha fatto capire che noi potevamo avere un problema. Forti di quell'esperienza abbiamo fatto partire subito i meccanismi dell'isolamento e delle quarantene. Per ogni caso positivo successivo, nel Lazio si è sempre riusciti a individuare tutti i contatti, a isolarli». La macchina del Seresmi, il servizio regionale per le malattie infettive, ha funzionato; i famosi medici cacciatori di virus, di cui tanto si è parlato, al di là degli slogan, hanno ottenuto risultati, ricostruendo le varie catene del contagio: dalla signora di Fiumicino che era stata a Milano a vedere Atalanta-Valencia e a trovare parenti ad Alzano Lombardo, al poliziotto del commissariato di Spinaceto, da cui si è partiti per le verifiche ad esempio nella scuola del figlio a Pomezia. Punti deboli?
Ci sono stati: troppi medici e infermieri si sono contagiati anche a Roma (e non ci sono stati sufficienti tamponi per chi lavora negli ospedali); ci sono stati casi di pazienti positivi nei reparti, ma per fortuna (almeno per ora) non ci sono stati reali focolai in corsia fuori controllo come il Lombardia. Altri guai seri: case di riposo, rsa, istituti religiosi. Ci sono stati molti incendi, ma non la distruzione totale. I numeri raccontano su oltre 3mila positivi nel Lazio, il 5 per cento è deceduto (162), mentre la Asl più colpita è la Roma 4, quella di Civitavecchia. All'interno di Roma città, il Municipio con più positivi è il secondo, tra San Lorenzo e il Flaminio. Tra il 10 e il 24 marzo il periodo con il maggior numero di casi giornalieri. Restano le criticità nell'hinterland (il paese di Nerola è zona rossa) e nelle altre province, come a Contigliano (Rieti) dove a causa della diffusione del virus nella casa di riposo è stata isolata l'intera cittadina, o Fondi (Latina). «Ma per favore - dice Ciccozzi - non dite pericolo scampato. Il momento più pericoloso è quando la curva comincia a scendere, la gente si rilassa e pensa che è finita. Ma sarà finita solo dopo tre o quattro settimane in cui ogni giorno i nuovi casi sono a zero».
Ultimo aggiornamento: Giovedì 2 Aprile 2020, 07:32
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