Angelo Branduardi incanta la platea a Greccio: «Tutti gridano, noi cantiamo sottovoce»

Angelo Branduardi incanta la platea a Greccio: «Tutti gridano, noi cantiamo sottovoce»

di Sabrina Vecchi

RIETI - «Ho suonato in quasi tutti i luoghi francescani, questo mi mancava». Angelo Branduardi arriva a Greccio la sera prima del concerto, ha così modo di respirare a pieni polmoni l’atmosfera del borgo del primo presepe.
L’elogio semplice e “infinitamente piccolo” del paese prosegue nei momenti che precedono il concerto sotto il santuario, quando si accomoda su una sedia solitaria con vista sulla Valle Santa, fumando in contemplazione il suo sigaro. La capigliatura inconfondibile attira chiunque passi nei paraggi e ciascuno ha una domanda, una foto o qualcos’altro da chiedere al maestro.

L'incontro. Lui rimane seduto e si presta sornione e sorridente, con quell’aria d’artista sensibile e folle che affascina e quasi sogeziona: «Beh sì, sono un po’ picchiatello». Istrionico ma anche dolcissimo, quando si mette a cantare “La pulce d’acqua” all’orecchio di un bambino che non vuole farsi la foto: «Sono tanti i bimbi che si addormentano con questa canzone, che bello cullarli».
Dopo la serata magica vissuta con Nicola Piovani e l’esibizione del rapper Lda a Poggio Bustone, il Comitato nazionale per Greccio 2023 conclude un ciclo di tre concerti gratuiti che hanno riscosso grande consenso di pubblico. Un sorso di vino bianco, cambio d’abito e il maestro è pronto ad imbracciare il suo violino: «L’ho visto la prima volta quando avevo quattro anni, ne sono rimasto fulminato. Mi piacerebbe suonare con Paolo Conte, lo considero un rivoluzionario, come anche il vostro Battisti, purtroppo non l’ho mai conosciuto».
Il Cantico delle Creature risuona amplificato, in un luogo tanto significativo: «Mi dissero solo di rispettare testualmente le fonti francescane, ma non ho mai capito perché scelsero me: sarà che Dio sceglie sempre i peggiori». In serata si accendono le luci del palco e quelle del tramonto, le due ore di musica trascinano gli spettatori con atmosfere d’altri tempi: «Il mio rapporto con la musica moderna? Non c’è.

Troppi rapper e trapper, c’è spazio per tutti, ma quella per me non è musica. Mi danno fastidio i testi omofobi, sessisti, volgari: tentano di imitare Eminem, ma non ci riescono».

L'originalità. E la platea beneficia di altre sonorità, accompagnata dalla voce e dalle mani del menestrello che fluttuano in aria, sulle note del bravissimo Fabio Valdemarin: «In un momento in cui tutti gridano noi cantiamo sottovoce». Niente basso o batteria, «questo è un concerto onirico che cerca la pace e la tranquillità», e Branduardi chiede che si chiudano gli occhi «o ciò che si vuole», purché «tutti si alzino di almeno un metro per galleggiare». Galleggiano in tantissimi, con il vento tra i capelli e gli occhi socchiusi, almeno 500 spettatori, a Greccio, per un evento unico, in un lunedì di inizio settembre in cui ci si illude che il mondo sia quello gentile in cui si canta insieme la stessa melodia, ciascuno a suo modo ma sulle medesime “onde buone”. “Alla fiera dell’est” conclude la serata, le prime strofe Branduardi le canta in ucraino, in omaggio alla popolazione segnata dal conflitto. Ma il vero artista si vede anche fuori dal palcoscenico, e sta al cronista raccontare anche quello che le luci non illuminano. Al ristorante tipico di Greccio dove ha cenato dopo lo spettacolo, il maestro Branduardi viene accolto dall’applauso dei commensali che si alzano in piedi: «Grazie per quello che ci ha regalato». «Lui rimane in mezzo alla sala e applaude insieme a loro con un inchino: «Sono io che ringrazio voi, ho fatto solo del mio peggio». E tra un piatto e l’altro ancora fotografie e storie narrate, e poi baci, aneddoti e abbracci, carezze e strofe, saluti e occhi lucidi, strette di mano e ringraziamenti che al mercato mio padre comprò.


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 6 Settembre 2023, 00:10
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