Il Natale con papà e mamma, figli e fratelli, insomma con i parenti di primo grado, non è affatto scontato. Il governo teme la terza ondata dell’epidemia. E non solo per i danni sanitari, economici e sociali che aggraverebbe. Ma perché, come ha spiegato Dario Franceschini nel vertice di venerdì, «se a gennaio il virus tornerà a imperversare, se la curva dell’epidemia si impennerà di nuovo, non avremo attenuanti dopo ciò che è successo ad agosto. E, assieme alla terza ondata, potremmo avere la crisi di governo».
Raccontano che Giuseppe Conte, fino a quel punto favorevole a concedere la deroga al divieto di superare i confini regionali per permettere il ricongiungimento familiare dei parenti di primo grado, abbia schiacciato il pedale del freno: «Prendiamoci qualche altro giorno per decidere, vediamo come saranno i dati nei prossimi giorni e poi valuteremo». Una linea prudente condivisa da Roberto Speranza (Salute), Francesco Boccia (Regioni), Roberto Gualtieri (Economia) e dallo stesso Franceschini (Cultura). Proprio il capodelegazione del Pd, dopo la frenata del premier, ha aggiunto: «Durante la guerra i parenti non si incontravano a Natale, non andavano a trovare papà e mamma. E questa è come una guerra. Ripeto: se sbagliamo il Natale, se i contagi riprenderanno dopo le Feste, non avremo attenuanti...».
A sostenere la linea della «massima prudenza» - che verrà discussa domani con le Regioni, contrarie tra l’altro alla chiusura dei ristoranti il 25 e il 26 dicembre - sono anche i tecnici del Comitato tecnico scientifico (Cts) Silvio Brusaferro, Franco Locatelli e Agostino Miozzo. Durante l’ultima riunione hanno fatto presente a Conte & C. che «è indispensabile un approccio molto rigoroso, perché è vero che la curva dell’epidemia si sta appiattendo e la pressione sugli ospedali sta calando, ma i positivi sono ancora troppi e la diffusione del virus è tutt’ora imponente». Perciò «gli spostamenti tra Regioni sarebbero un forte fattore di rischio, potrebbe avvenire un travaso di contagi tra varie zone del Paese come è accaduto ad agosto». A questi timori, a questi ragionamenti, è appeso il Natale degli italiani. Per evitare le «migrazioni natalizie» da Nord al Centro-Sud, dall’estero all’Italia, e per scongiurare i «cenoni allargati», il governo ha deciso di adottare con il Dpcm di venerdì prossimo due misure.
La prima: il divieto dal 19 dicembre (fino al 10 gennaio) di superare i confini regionali, anche quando l’intero Paese sarà in zona gialla.
In ogni caso, anche la linea aperturista, non punta alle maglie larghe: sarebbe consentito a un solo figlio (con il proprio nucleo familiare) raggiungere i genitori e sarebbero inoltre autorizzati esclusivamente i ricongiungimenti tra coniugi e partner conviventi. Nient’altro. E con «forti raccomandazioni»: mascherina e distanziamento fino a quando non ci si mette seduti, tavolo separato per gli anziani se ci sono bambini. In più, siccome il coprifuoco alle 22 non copre la “falla” dei pranzi di Natale e di Santo Stefano e neppure i pomeriggi di tombolate che tradizionalmente scandiscono le Feste, sarà confermata una raccomandazione già in vigore: «Non invitate a casa persone non conviventi». Spiegazione di un tecnico del Cts: «Chi non vive con voi è, rispetto al rischio-contagio, un perfetto estraneo».
Ultimo aggiornamento: Lunedì 30 Novembre 2020, 07:00
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