È una regola fissa della politica: l’Aventino fallisce sempre. Ma stavolta, è fallito a tempo di record. L’astinenza dalla tivvù di Stato annunciata da Conte, nel pieno della furia per le nomine Rai e per la capacità degli altri di lottizzare meglio di lui, è durata appena una notte. Perché ieri, nell’edizione delle 13 del Tg2 non compare proprio Giuseppi ma quasi: il suo «ventriloquo», così lo chiamano in M5S, Mario Turco intervistato dalla Rai («Ma era solo una vecchia registrazione», si difende lui) che l’ex premier detesta e vorrebbe abbandonare ma evidentemente non ci riesce. E dev’essersi già pentito per aver emanato un editto che peones e big grillini (ognuno di loro nel “movimento 5 strenne” ha un libro appena uscito e da lanciare per i regali di Natale, da Di Maio a Toninelli, da Spadafora alla Azzolina) già dicono di non voler rispettare. C’è chi ironizza: vedremo allora Giuseppe in tivvù ma imbavagliato contro la partitocrazia, di cui fa parte, a imitazione tarocca del Marco Pannella d’antan?
I SINGHIOZZI
C’è chi ride, e sono i più, per lo sciopero anti-televisivo indetto dall’avvocato. Mentre tutti più o meno si preoccupano della questione più seria, ed esplosa nella partita sui direttori dei tiggì. Ovvero quella del dualismo Conte-Di Maio, di questa coppia che scoppia nella quale «mentre noi - dicono i contiani di stretta osservanza - trattavamo per salvare Carboni e per frenare la lottizzazione, Di Maio era già d’accordo con Draghi e con gli altri per la Maggioni al Tg1 isolando noi e sbugiardandoci». Ecco, si chiede adesso al ministro degli Esteri, dal versante Conte, la prova di fedeltà: «Luigi deve smetterla di lanciare il sasso e nascondere la mano. Deve dirci se sta con noi o contro di noi. Basta tradimenti». Ma Di Maio minimizza e si difende: «Premetto che in questi giorni ero all’estero. E comunque non c’entro niente con le nomine. Mi viene attribuito il potere che non ho. Sono solo girate veline sul mio conto, e questo fa male al movimento». Dunque il ministro rispetterà la dieta televisiva imposta dall’avvocato? «Per il mio libro ho già girato in tutte le trasmissioni Rai, quindi ora tocca Mediaset e a La7».
Si sottrae alla rappresentazione dello scontro Di Maio.
ELEVATO SILENZIO
Da garante tace e osserva l’Elevato. Mentre la «marginalità decisionale» di M5S modello Conte è il sottotesto di ogni singhiozzo dei grillini. I quali in queste ore un po’ stanno con Conte (non più di una quarantina), un po’ si rivolgono in cerca di conforto da Di Maio e per lo più stanno a vedere volteggiando in un limbo. Da cui vedono l’avvocato che nella partita Rai è riuscito nel capolavoro dell’autolesionismo di rompere con Draghi (a proposito del quale ha detto ieri sera a La7: «Non so se si sia occupato di nomine, io quando ero a Palazzo Chigi non lo facevo»), di dividersi rispetto a Di Maio, di prendersela con Letta e di isolarsi rispetto a tutto e a tutti mentre Di Maio ha rapporti trasversali, da Casini a Giorgetti, ha guidato la trattativa per l’ingresso M5S nei Socialisti europei («Ma a dare l’annuncio sarò io!», ha detto l’ex premier sentitosi scavalcato), in vista del match quirinalizio il leader del primo partito in Parlamento non sembra affatto quello che guiderà i giochi e quanto alla vendetta contro Draghi che sta smantellando tutto il sistema di potere che lui aveva costruito quando stava a Palazzo Chigi, se Conte prova a metterla in pratica scagliandosi contro il governo dietro di sé certamente non troverà Di Maio ma neanche tanti altri.
Ultimo aggiornamento: Sabato 20 Novembre 2021, 14:04
© RIPRODUZIONE RISERVATA