Meloni: «Spero a giugno in un'Europa diversa. Il dibattito su Draghi ai vertici Ue è filosofia»

Cosi la premier dopo il Consiglio europeo sulla competitività

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di Francesco Malfetano

Un’Europa «diversa», «meno ideologica» e «più pragmatica». O comunque più vicina a quella immaginata in questa fase dai conservatori. Magari - ma si vedrà - con al vertice Mario Draghi. Quando sfila sotto la lanterna dell’Europa building, Giorgia Meloni è inevitabilmente in versione elettorale. «Spero che quando ci incontreremo la prossima volta - dice al termine di un Consiglio Ue prolungatosi per il dibattito sul mercato unico per i servizi finanziari - saremo di fronte a un'Europa più capace di rispondere alle grandi sfide di politica estera, alla difesa dei propri confini, all'autonomia strategica, alle catene di approvvigionamento fondamentali e con un approccio meno ideologico e più pragmatico per i problemi dei cittadini». E cioè, più vicina alle «priorità» che Meloni rivendica di aver imposto non solo a Bruxelles in questo primo anno e mezzo passato a Palazzo Chigi, ma anche a due «europeisti» come Enrico Letta e Draghi che ora dicono - come lei - che l’Europa «va cambiata». 


Meloni: «​Il dibattito su Draghi ai vertici Ue è filosofia. È un italiano autorevole, ma i vertici si decidono dopo il voto»

L’EX PREMIER
 

Per l’ex numero uno della Bce non è l’endorsement ricevuto da altri leader (Emmanuel Macron e Kaja Kallas su tutti), ma neppure la bocciatura ventilata da Matteo Salvini. Meloni infatti, su Draghi traccheggia. Non si sbilancia. L’ex premier non è il candidato su cui la leader dei conservatori investe tutte le sue fiches. Dovessero però crearsi le condizioni - e tra i suoi in pochi scommettono che alla fine sarà così, anzi «sembra il Quirinale» giurano - SuperMario è una potenziale exit strategy perfetta. In tal senso vpreservata. «Sono contenta che si parli di un italiano, ma questo dibattito è filosofia» aggiunge. «La tendenza di decidere prima che i cittadini votano non mi troverà mai d'accordo. Sono i cittadini che decidono le maggioranze, per questo non parteciperò al dibattito».
Sono tanti però i temi su cui si sofferma la premier, ormai in ritardo per l’annunciata visita al Salone del mobile di Milano (alla fine rinviata). A partire dal nuovo approccio al debito - caldeggiato dall’Italia - per trovare le risorse necessarie alle «strategie migliori» che l’Europa è in grado di partorire. Nello specifico il riferimento è a Letta e al report «interessante» che mette al centro del futuro Ue «l'autonomia strategica», la «natalità», la «libertà di restare» per le giovani eccellenze del Vecchio Continente e il «welfare» da sostenere con nuove risorse. «Perché se diciamo di no al debito comune - spiega la premier - se diciamo di no al debito degli Stati nazionali, se diciamo di no ai capitali privati, comunico ufficialmente che possiamo continuare a disegnare le strategie più belle che ci vengono in mente ma non le realizzeremo». 

 

GLI ALTRI 
 

Incalzata dai giornalisti la premier torna però anche sul caso Ilaria Salis (con la scelta di una sua candidatura alle prossime elezioni con Avs che «non cambia» l’impegno dell’esecutivo), sulla conferma che sarà «presente alle celebrazioni del 25 Aprile» (sottolineando che «gli estremisti stanno da un’altra parte»), sulla presenza di organizzazioni pro-vita nei consultori («Chi vuole cambiare la 194 è la sinistra. Noi vogliamo garantire solo scelte libere» sull’aborto) e sull’ipotesi della vendita di Agi al senatore leghista Antonio Angelucci (lavandosene le mani dice: «Non mi compete»). Questioni per cui rispolvera a più riprese il concetto di «fake news». Bufale che usa anche per liquidare chi l’accusa di aver provato a limitare la libertà di stampa emendando il testo dell’Agcom sulla par condicio in Rai.
Risvolti interni a parte, Meloni esce soddisfatta da un vertice che accanto all’impegno generico per la difesa aerea di Kiev e per nuove sanzioni nei confronti dell’Iran, ha visto i leader dei Ventisette assumersi l’onere di sostenere il Libano. «Un Paese in estrema difficoltà anche per quello che riguarda la questione dei numerosissimi rifugiati siriani» spiega la premier, per cui «abbiamo chiesto che ci fosse questo riferimento nelle conclusioni del Consiglio».

Dell’aiuto a Beirut, ma più in generale della situazione migratoria e delle iniziative messe in campo dall’Europa (in primis in Tunisia ma, a breve, anche in Libia), Meloni ha parlato durante il bilaterale avuto in mattinata con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Un breve faccia a faccia centrato sull’idea di non trasformare i Paesi di transito in campi profughi ingestibili. L’idea in questo caso è arrivare a rimpatri assistiti verso i paesi d'origine, coinvolgendo le organizzazioni internazionali. «Avremo sviluppi a breve» ha promesso la premier. In tempo per evitare che gli sbarchi tornino ad aumentare con la bella stagione e con il voto europeo alle porte. 


Ultimo aggiornamento: Venerdì 19 Aprile 2024, 10:06
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