Governo, Conte, la mossa da “garante”: «Torniamo ai tavoli europei»
di Marco Conti
IL CONTRASTO
Anche se nel discorso che pronuncerà oggi e domani in Parlamento non ci sarà nessun accenno esplicito al passato, il confronto tra il Conte1 dell'esecutivo gialloverde e il Conte2 giallorosso sarà inevitabile. L'orizzonte che il premier delineerà sarà di un governo «riformista» e «di legislatura». Timbri che a coloro che manifesteranno in contemporanea fuori di Montecitorio, FdI e Lega, faranno arricciare i capelli. Ma spostare a sinistra il baricentro del governo significa tagliare i ponti con la lunga stagione dell'esecutivo sovranista, assente ai tavoli europei e in perenne contrasto con Bruxelles, Parigi e anche Berlino. Un governo «riformista» che vuol durare dovrà quindi azzerare la conflittualità interna e, soprattutto, esterna. L'europeismo è la bandiera del nuovo esecutivo e Conte lo ribadirà tenendo la linea del discorso tenuto il 20 agosto al Senato. Non servono pugni sbattuti sui tavoli di Bruxelles ma neppure accettazione acritica perché «le regole si rispettano ma si possono e si devono cambiare». Prima cosa da mutare è il fiscal compact e il patto di stabilità. Conte lo aveva giù accennato intervenendo la scorsa settimana alla festa de Il Fatto, e lo ripeterà nelle aule parlamentari.
Cosi come andranno cambiate le politiche europee sull'immigrazione e, soprattutto, il trattato di Dublino che ha trasformato il Sud Italia in una sorta di piattaforma di europea di sbarco. Dopodomani Conte sarà a Bruxelles per ribadire all'Europa le linee dell'esecutivo giallorosso. Iniziativa di rilievo che però rischia di avviare la stagione di una diretta concorrenza con il neo-ministro degli Esteri Luigi Di Maio che nel precedente esecutivo ha sempre invidiato i rapporti internazionali che aveva intessuto Salvini.
La stagione «riformista» del nuovo governo avrà come primo banco di prova la legge di Bilancio e Conte nel suo discorso non potrà fare a meno di indicare che famiglia, giovani e imprese sono i principali obiettivi strategici. Il compito di amalgamare una squadra, forse più vicina nei contenuti, ma più lontana nei rapporti personali per un passato fatto di scontri e attacchi, non sarà per Conte gioco facile. Come complicata sarà la gestione dei gruppi parlamentari. Mercoledì la conferenza dei capigruppo della Camera dovrà decidere sul calendario del prossimo trimestre. Il primo scoglio che D'Uva e Delrio saranno chiamati a superare è quando mettere in calendario il voto sulla quarta e ultima lettura delle riforma che taglia in maniera lineare i parlamentari. Un residuo di demagogia populista - dal risparmio ridicolo rispetto a molto altro - al quale il M5S non intende venir meno. Nel programma i dem hanno chiesto - per bocca di Andrea Giorgis - di inserire nel calendario la riforma elettorale, quella dei regolamenti parlamentari e un non meglio precisato pacchetto di riforme costituzionali in grado di far funzionare il bicameralismo. Nella Commissione Affari costituzionali presieduta da Giuseppe Brescia non c'è però depositato nulla ed è per questo che il Pd chiederà di spostare in fondo al trimestre - forse a novembre - il voto sul taglio, in modo da far viaggiare in maniera più ravvicinata l'intero pacchetto.
Ultimo aggiornamento: Lunedì 9 Settembre 2019, 09:13
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