Ue, giallo sulle trattative: «Macron lancia Draghi». Ma Meloni: aspettiamo il voto

Per Giorgia - conferma chi la supporta nel definire le strategie per Bruxelles - è una «questione di metodo». Indicare un nome in una fase in cui non conosce il peso reale che avranno i Conservatori europei a Strasburgo è infatti «semplicemente follia»

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di Francesco Malfetano

La ricostruzione è più o meno la seguente: ormai da qualche giorno i telefoni delle cancellerie di mezza Europa stanno squillando senza sosta, con Emmanuel Macron all’altro capo per perorare la candidatura di Mario Draghi come apice della nuova Ue che nascerà dopo il voto dell’8 e 9 giugno. A lanciarla, stavolta, l’autorevole Bloomberg che, a metà pomeriggio, spiega come il presidente francese sia «in contatto con i suoi omologhi europei, tra cui il primo ministro italiano Giorgia Meloni, sulla possibilità di avere un tecnico alla guida della Commissione Ue, come l'ex presidente della Banca centrale europea».

È bastato però il tempo che l’indiscrezione venisse ripresa dai siti di tutto il Vecchio Continente affinché, tanto da palazzo Chigi quanto dall’Eliseo, cominciassero a piovere smentite. «Non confermiamo» spiega Parigi, evitando formule più nette che contrasterebbero con l’entusiasmo mostrato da Macron poco meno di una settimana fa nel parlare di Draghi («È un amico formidabile»). Accortezza che invece Roma non sembra maturare, mettendo nero su bianco la sorpresa della premier nell’apprendere la notizia con un più marcato «indiscrezione priva di fondamento», pur senza mai citare Draghi. Per Meloni - conferma chi la supporta nel definire le strategie per Bruxelles - è una «questione di metodo». Indicare un nome in una fase in cui non conosce il peso reale che avranno i Conservatori europei a Strasburgo è infatti «semplicemente follia». Per di più «non lo farebbe brigando con Macron», con cui non ha mai realmente trovato una sintonia. Per di più, spiega uno dei colonnelli meloniani, muoversi in questo modo «è piuttosto maldestro» e finirebbe per penalizzare qualunque candidatura. «Probabilmente - conclude, riferendo che secondo Meloni non c’è stata alcuna telefonata tra nessun leader europeo - dietro a tutto questo c’è qualcuno che non vuole molto bene a Mario».

I POPOLARI

D’altro canto è difficile immaginare che una personalità «ingombrante» come quella di Mario Draghi (copyright Romano Prodi, ieri) possa piegarsi anche solo al mantra indicato da Meloni parlando all’Ecr: «Fare meno, fare meglio».

Così come, a prescindere dai dubbi espressi da Matteo Salvini nel nuovo libro che uscirà oggi, non è molto credibile che il Partito popolare europeo possa lasciare a Macron o a chi per lui la possibilità di decidere chi debba guidare la prossima legislatura Ue. «Il Ppe non rinuncerà ad indicare un popolare» ha scandito secco un Tajani particolarmente allegro ieri in Transatlantico. E ancora: «Cosa potrebbe garantire Draghi al Ppe?».

Un approccio che peraltro poco collima con quanto trapela da ambienti vicini all’ex premier ed ex numero uno della Bce. «Non è interessato» spiegano, men che meno conduce una campagna per accreditarsi per un incarico europeo. L’idea che possa essere incardinato da una parte politica inoltre, è un’ambizione che «non ha mai coltivato».

 

LE RISPOSTE

In altri termini per le risposte è presto un po’ per tutti gli attori in campo. Bisognerà attendere qualche mese. Quando cioè saranno chiari i rapporti di forza all’interno dell’Europarlamento, e i leader potranno valutare le candidature dei vari Spitzenkandidaten in corsa. E cioè della presidente della Commissione popolare alla ricerca di conferma Ursula von der Leyen, e del commissario socialista Nicolas Schmit. Numeri alla mano è però impossibile immaginare che siano Renew, i Verdi, Identità e democrazia o, appunto, Ecr ad esprimere un nome vincente.

Proprio i Conservatori del resto hanno approvato ieri un documento programmatico («Il nostro primo obiettivo sarà difendere le nostre nazioni dai tentativi di privarle dei poteri» ha detto Meloni durante l’incontro), evitando di indicare formalmente un proprio candidato. «È una consuetudine che non trova conferma nei trattati europei» spiegano fonti del partito. Ma, forse, anche un modo per tenere le mani libere per ogni eventualità.


Ultimo aggiornamento: Giovedì 25 Aprile 2024, 10:14
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