Troppi scandali, gravissimo ritardo nella presentazione di candidati tollerati più che condivisi. Poi feroci polemiche interne, attacchi tratricidi e affrettate smentite. Sono tante le ragioni dietro al disastro totale del centrodestra in questa tornata amministrativa, malgrado l'exploit di Fratelli d'Italia che nelle grandi città del Nord ha una crescita esponenziale dei i voti ai danni del partito di Matteo Salvini. Se la Lega a Milano torna alle cifre dell'epoca pre-Capitano, quelle del partito post-bossiano del Trota e di Belsito, Fratelli d'Italia quadruplica i voti nel capoluogo lombardo risetto alle ultime comunali e cresce di 7 volte a Bologna.
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Ma nel partito verde «se Sparta piange, Atene non ride». A Varese, la città di Giancarlo Giorgetti, a metà dello spoglio, è testa a testa tra il candidato «giallorosso» è quello leghista. Malissimo a Napoli, maluccio a Torino, sfida questa a cui il centrodestra guardava con enorme speranza. A Roma, Enrico Michetti, si salva dallo tsunami, va al ballottaggio in testa, ma è chiaro che il secondo turno sarà una via crucis. Rimane solo il successo in Calabria, ma quella era una partita vinta in partenza. Solo nei prossimi giorni lo studio dei flussi dirà esattamente quanto l'astensionismo record abbia penalizzato il centrodestra. Tuttavia, in politica chi vota decide, chi sta a casa no. Ne è perfettamente consapevole Matteo Salvini che con grande onestà ha fatto subito autocritica. Meloni, invece, forte della primazia del suo partito a Roma, e degli splendidi risultati nelle grandi città del Nord, dice che «un centrodestra a trazione FdI è molto competitivo». Tuttavia, il dato complessivo del centrodestra non è dei migliori. E a urne chiuse nessuno ha chiara la ricetta su come uscire da questa batosta. Il rischio è quello di esacerbare gli animi, già molto provati da una campagna a nervi scoperti, e far ricacciare l'intera coalizione in una deriva 'lepenistà, estremista, in cui magari si ottengono molti voti ma mai abbastanza per vincere e governare.
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La soluzione non può essere chiudersi a riccio in un' alleanza formata da vedove del trumpismo ormai archiviato da tempo, con scarsi rapporti con l'Europa che conta.
Il tema del federatore
Divisi su tutto, strategie, valori e programmi, senza una leadership chiara, senza un federatore, come infierisce Enrico Letta, il centrodestra è però costretto a fare buon viso a cattivo gioco. Sa che il suo compito principale ora è presentarsi unito e compatto alla madre di tutte le battaglie, quella che si apre a febbraio sul successore di Sergio Mattarella. Paradossalmente, proprio questa mazzata potrebbe avere un effetto positivo, rinviando 'la resa dei contì tra i leader e all'interno dei singoli partiti. Ma per farlo serve grande calma e sangue freddo, un'attitudine che è mancata nelle ultime settimane. E chissà che l'annunciato ennesimo ritorno dell'eterno Silvio Berlusconi possa aprire una fase nuova, puntando anche sulla federazione che, con 479 voti potenziali, potrebbe gestire da un punto di forza l'elezione del nuovo Capo dello stato.
Ultimo aggiornamento: Sabato 9 Ottobre 2021, 13:15
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