25 aprile, Avagliano: «Lasciamo le liti ad altre occasioni, la Liberazione fu anche di destra»

Sia la celebrazione del ritorno alla libertà grazie ad alleati e partigian tra cui monarchici, liberali, militari

25 aprile, Avagliano: «Lasciamo le liti ad altre occasioni, la Liberazione fu anche di destra»

di Andrea Bulleri

«La Liberazione è patrimonio di tutti, perché tutti, di ogni parte politica, ne furono protagonisti: sinistra, centro e destra. Ecco perché questo giorno dovrebbe unire tutti gli italiani, e non essere vissuto come divisivo». Ne è convinto Mario Avagliano, saggista e storico da poco in libreria con “Le vite spezzate delle Fosse Ardeatine” (Einaudi).

Anche quest’anno il 25 aprile arriva tra le polemiche. Siamo un Paese che non riesce a fare i conti con la propria storia?

«Non abbiamo fatto i conti con la nostra storia, specie con la pagina del fascismo e della Resistenza. In altri Paesi, come in Germania, una riflessione storiografica c’è stata. Berlino ha finanziato importanti progetti di ricerca in Italia, come il Museo degli internati militari a Roma. Sarebbe ora che anche da noi si aprisse una riflessione seria, invece di perdersi nelle stesse polemiche».

Sembra facile a dirsi.

«Ma gli storici hanno messo a disposizione un bagaglio di conoscenza tale di quel periodo che dà a tutti, di qualunque orientamento, la possibilità di riconoscersi nella Resistenza. In un primo momento invece la storiografia aveva raccontato parzialmente quel periodo, a volte oscurando pagine importanti, come quella degli internati militari che si rifiutarono di continuare a combattere con tedeschi e fascisti: tra loro c’erano Giovannino Guareschi e Alessandro Natta. Con Ciampi si è cominciato a considerare in quest’ottica gli eventi. Gli strumenti storici ci sono, ora tocca alla politica chiudere una pagina di contrapposizione e aprirne una di riconoscimento del valore della Resistenza».

Anche nel suo libro emergono le diverse appartenenze di chi combatté il nazifascismo.

«Nell’elenco dei martiri delle Fosse ardeatine, l’eccidio simbolo della Resistenza italiana, ci sono gappisti, trozkisti, ma anche anticomunisti, come il monarchico colonnello Cordero Lanza di Montezemolo, capo del fronte militare clandestino. E poi moderati, militari, carabinieri. Insieme in nome della libertà e della democrazia».

Dunque la Resistenza ebbe una partecipazione più ampia, rispetto a come qualcuno la racconta?

«Rappresentò trasversalmente tutta Italia.

Da un punto di vista generazionale, con giovanissimi e sessantenni, sociale, con contadini, operai, banchieri e imprenditori, e politico. Una delle azioni più clamorose e meno conosciute, la distruzione di un convoglio tedesco sulla Roma-Cassino che provocò 400 tra morti e feriti, fu organizzata insieme da Montezemolo, Giorgio Amendola e dalla banda partigiana dei Castelli romani. Quando Montezemolo incontrò Amendola gli disse: da anticomunista sfegatato, mai avrei pensato di poter collaborare con lei».

Sovrapporre altri temi al 25 aprile (il no al Jobs act della Cgil, le rivendicazioni per Gaza) non rischia di politicizzarlo ancora di più?

«Il 25 aprile dev’essere la celebrazione del ritorno alla libertà nel nostro Paese, grazie agli sforzi di alleati, partigiani, internati, deportati politici e resistenti civili. È su questo che andrebbe focalizzata l’attenzione. Altri temi sono ovviamente legittimi e si può essere più o meno d’accordo, ma sarebbe bene sollevarli in altri momenti che non siano la festa della Liberazione perché poco hanno a che fare con essa».

C’è una difficoltà di una parte della destra a dirsi antifascista?

«C’è una difficoltà a riconoscere cosa sia stato il fascismo e il valore della Resistenza. Ma quando gli esponenti delle istituzioni giurano sulla Costituzione antifascista e partecipano alle celebrazioni per il 25 aprile, l’adesione all’antifascismo è nei fatti».

Dall’altro lato, per il ministro Sangiuliano a sinistra c’è chi ha difficoltà a dirsi anticomunista.

«I totalitarismi sono da condannare in ogni caso. Il comunismo sovietico fu anch’esso una repressione delle libertà. Non credo che qualcuno non ne prenda le distanze. Altra esperienza fu quella del Pci italiano, pienamente inquadrato in un regime democratico».


Ultimo aggiornamento: Giovedì 25 Aprile 2024, 08:22
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