Schiava per 11 giorni nella casa dei profughi. Quel sospiro di sollievo all'entrata dei carabinieri

PADOVA - Cercava amore. Invece ha trovato solo violenza, terrore e botte. Quando i carabinieri l'hanno trovata, rannicchiata mezza nuda, piena di lividi e affamata, nel letto del suo aguzzino, si è sciolta in un sospiro di sollievo, come se per la prima volta dopo giorni di orrore riuscisse nuovamente a respirare. Ha 22 anni la vittima di Peter Chiebuka, nigeriano 26enne, richiedente asilo, che dopo una proposta di matrimonio, ha convinto la giovane a lasciare Praga per venire a vivere da lui a Tribano.
 
 




E in quella palazzina di quattro unità, in via Mazzini, gestita dalla cooperativa Edeco, la ragazza ceca è stata segregata per undici giorni: picchiata, rapinata e stuprata, probabilmente nell'indifferenza degli altri ospiti  dell'abitazione. Solo grazie a una distrazione del suo aguzzino è riuscita a farsi liberare dai militari dell'Arma: il nigeriano è uscito lasciando il cellulare nella stanza, lei l'ha preso e ha chiamato un amico in Francia che ha contattato i carabinieri che sono riusciti a risalire all'abitazione. Una volta qui, i militari hanno sfondato la porta a spallate e l'hanno salvata.
Arrivata in caserma, la ragazza ha trovato il conforto di un maresciallo donna, sua coetanea, e di un pasto caldo, un piatto di spaghetti, cucinati dai carabinieri per rifocillarla un po', visto che il suo carceriere non le dava nemmeno da mangiare.
L'ALLARME
La fine dell'incubo per la vittima, è arrivata sabato quando il luogotenente Venero Salvatore Giuffrida, comandante della stazione di Tribano, è arrivato davanti all'abitazione che ospita, in tre appartamenti, 15 richiedenti asilo. La centrale gli aveva appena segnalato la situazione della ragazza, che gli operatori del 112 avevano contattato su whatsapp grazie all'amico francese che aveva lanciato l'allarme. La giovane sapeva solamente il paese e la via in cui si trovava, ma non il civico. In pochi minuti il luogotenente ha scoperto quale fosse la casa. Proprio lì davanti ha incontrato Peter Chiebuka: «Come va?» gli ha chiesto. «Tutto bene» ha risposto lo straniero. E, poi, a bruciapelo: «E lei dov'è?». Alla domanda, il 26enne si è irrigidito, ha guardato in direzione della sua camera e il comandante ha capito che la donna era dentro. A spallate Giuffrida ha sfondato la porta chiusa e lì, mezza nuda, sul letto sfatto, nella camera disordinata, ha visto la 22enne.
LA VICENDA
Una volta al sicuro, nella caserma di Tribano, dov'è arrivato poi anche il luogotenente Luigi Troiano della compagnia di Abano, la ragazza ha raccontato tutto. Lei viveva a Praga, assieme ad alcuni amici visto che il padre è morto, il fratello vive in Africa e con la madre non ha rapporti. Un anno fa aveva conosciuto su Facebook Peter Chiebuka. I due avevano iniziato a scriversi e lei si era innamorata di lui, che a un certo punto le aveva proposto di raggiungerlo in Italia e sposarlo. Così, a metà novembre, la ragazza ha messo in valigia tutti i suoi averi - 50mila corone, pari a 2mila euro - e, preso un Flixbus, è arrivata a Padova e poi a Tribano. Peter Chiebuka è andato a prenderla, ma una volta a casa l'ha rinchiusa. «La prima sera si è limitato alle avance. Ha iniziato toccandomi le braccia e il petto» ha raccontato terrorizzata al maresciallo donna che ha trovato in caserma. Poi l'uomo l'ha stuprata e picchiata. E anche derubata, portandole via tutti i soldi che aveva. «Mi faceva mangiare poco, non mi permetteva di uscire. Mi urlava puttana e mi picchiava».
Ora i militari stanno approfondendo la posizione degli altri ospiti dell'appartamento dell'orrore, al vaglio anche dell'autorità giudiziaria. I carabinieri vogliono capire se erano a conoscenza della situazione e perché, nel caso, nessuno abbia denunciato quanto accadeva nella camera del compagno. Chiebuka, dopo essere stato ascoltato dal pm Marco Brusegan è stato trasferito in carcere al Due Palazzi. La vittima è stata visitata all'ospedale di Schiavonia e, una volta dimessa, è andata in Francia dall'amico che ha contribuito al suo salvataggio. I carabinieri che l'hanno liberata e il comandante provinciale Luigi Manzini ora sperano possa dimenticare e ritrovare la felicità.
Marina Lucchin
Ultimo aggiornamento: Martedì 3 Dicembre 2019, 13:32
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