Il candidato sindaco Majorino: "Sogno
una Milano senza auto entro il 2030"

Il candidato sindaco Majorino: "Sogno ​una Milano senza auto entro il 2030"

di Simona Romanò
È diviso fra politica e la vita da scrittore di romanzi (ne ha scritti cinque). Nipote del poeta Giancarlo Majorino, Pierfrancesco è nato 42 anni fa in via Archimede, poi si è trasferito con la famiglia in zona corso Lodi, «sempre lontano dai salotti» come lui ama precisare.
Separato, è padre di un bambino di 7 anni, Giovanni. A fare politica ha iniziato a 14 anni con la tessera della Fgci. Presto è arrivato il salto nei partiti “veri”: da segretario cittadino dei Ds a capogruppo del Pd a Palazzo Marino sui banchi d'opposizione. In mezzo, a 24 anni, diviene consulente di Livia Turco, allora ministro al Welfare del governo Prodi. Poi, a Milano, la vittoria del centrosinistra alle comunali 2011.
Nella giunta di Giuliano Pisapia è l'uomo delle politiche sociali, fra battaglie per i diritti civili e piani per assistere anziani e deboli. Ora, la sfida delle primarie: a sostenerlo, fra i tanti, Alessandra Kustermann, Massimo Recalcati, Luca Mangoni di Elio e le Storie Tese, Gigio Alberti, Francesco Laforgia, Onorio Rosati.


Pierfrancesco Majorino, iniziamo con una domanda secca: perché lei sarebbe un buon sindaco?
«Perché sono un cittadino milanese, nato a Milano, faccio politica da tanto, amo sfrenatamente questa città e credo che si debba andare avanti con il cambiamento iniziato. Questo vuol dire essere orgogliosi del lavoro fatto con Giuliano Pisapia, ma essere ancora più radicali nell'affrontare alcuni macroproblemi».

Quali sono?
«Ne ho identificati tre. Il primo è la rivoluzione ambientale, in modo che nel 2030 si possa rinunciare all'auto privata grazie al potenziamento del trasporto pubblico, alla tutela della mobilità alternativa come le biciclette condivise e all'estensione di Area C entro il 2021».

Il secondo qual è?
«Il riscatto sociale che passa dall'introduzione del primo reddito minimo comunale d'Italia e dalla cancellazione della vergogna che sono le 9800 case vuote, mentre si contano 21mila persone in lista d'attesa per un alloggio popolare».

E il terzo?
«Dobbiamo portare vitalità, energia e bellezza in tutti - e ripeto in tutti - i quartieri, dando gratuitamente per 5 anni a 100 nuove imprese altrettanti spazi del Comune, perché se portiamo lavoro portiamo vita e più sicurezza».

I fatti di Colonia - le violenze contro le donne perpetrate dai migranti in piazza a Capodanno - rendono il fenomeno dell'immigrazione sempre più scottante. A Milano c'è preoccupazione?
«Non sono fatti da minimizzare per nessun motivo. L'immigrazione è una sfida che non può essere vinta dalle singole città. Occorre efficienza nell'accoglienza, ma grande attenzione per garantire la legalità».

Perché votare lei?
«Perché sono fedele ai miei valori, sono di sinistra e non si nasconde. E mi consumo le suole delle scarpe non solo in campagna elettorale, ma sempre, per conoscere la città e i problemi che vivono i cittadini».

La sua missione se diventasse sindaco?
«La mia ossessione positiva è che i milanesi possano vivere meglio e che la città cresca: in questi anni sono migliorati alcuni luoghi, come la Darsena, ma è evidente che altrove c'è tantissimo lavoro da fare».

Il suo sogno?
«Poter essere ricordato come il sindaco che ha rivoluzionato i quartieri popolari».

Due aggettivi per definirsi.
«Appassionato e tosto, alcuni dicono testone. Francesca Balzani ha detto recentemente che sono permaloso. Lo ammetto, forse un po' lo sono. Ma non me la prendo».

È un uomo a cui non manca l'autoironia.
«È fondamentale per vivere».

E per essere un buon sindaco?
«Occorrono ancora di più la curiosità e la capacità d'ascolto ed io ne ho da vendere».

Primo atto se lo diventasse?
«Un provvedimento semplice e concreto: mettere il bigliettaio fisso sulla 90-91 e sulle linee di tram e autobus che percorrono alcune strade problematiche, come le vie Padova, Imbonati e dei Missaglia».

È stato il primo a candidarsi alle primarie con determinazione e ha resistito a chi le chiedeva di correre in tandem con Francesca Balzani. È convinto della strada intrapresa?
«Più di prima. Sono felice della mia discesa in campo. Un progetto che non ho costruito da solo, altrimenti non sarei stato il primo a raccogliere le firme e a inaugurare i comitati di zona. Vado avanti con spirito battagliero e costruttivo, perché le primarie non sono uno scontro fra nemici e alla fine daremo tutti sostegno a chi ne uscirà vincitore. Ovviamente mi auguro di essere io».

Chi vorrebbe nella sua giunta?
«Un mix di donne e uomini con storie diverse. Punterei anche su persone della nuova generazione, trentenni e quarantenni preparati».

Qualche nome?
«Alessandra Kustermann, Filippo del Corno e mi auguro che, in giunta o in un ruolo esterno, torni Ada Lucia de Cesaris».

Domani il primo confronto con tutti quattro candidati. Con quale spirito lo affronta?
«Sono molto contento. Sarà molto acceso, ma nel pieno rispetto per tutti. E rilancio la proposta di organizzare un incontro a quattro in ognuna delle 9 Zone».
Ultimo aggiornamento: Martedì 19 Gennaio 2016, 10:08
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